Mentre i balneari promettono battaglia, Legambiente, che nel suo annuale rapporto Spiagge passa in rassegna tutte le criticità dell’attuale sistema delle concessioni, promuove l’emendamento varato martedì all’unanimità dal consiglio dei ministri e la previsione di gare a partire dal 2024 sebbene con tutele per piccole imprese e attuali titolari. “Finalmente una proposta che punta su qualità, sostenibilità e accessibilità delle nostre spiagge”, commenta insieme al Touring club italiano. “Una buona proposta che permette finalmente di ragionare del futuro delle spiagge italiane. Le misure contenute nella proposta rappresentano un importante passo in avanti perché consentono finalmente di avere maggiore trasparenza sull’annosa questione delle concessioni balneari nel nostro Paese, fissando dei paletti chiari”.

Ora sarà “importante aprire un confronto sui decreti attuativi, per definire i criteri più efficaci per il raggiungimento delle finalità dichiarate”. La situazione italiana – ricordano Legambiente e Touring club – “rimane tutt’oggi un’anomalia nel panorama europeo, a causa di una pressoché totale assenza di spiagge libere in diversi territori costieri, con i casi limite di Emilia-Romagna, Liguria e Campania, dove si registra quasi il 70% dei lidi occupati da stabilimenti balneari”. Per non
parlare dei canoni, ovunque bassi e “vergognosi” in alcune località di turismo di lusso come la Costa Smeralda o la Versilia.

Assobalneari la vede ovviamente in modo opposto e sostiene di voler “portare il livello della questione anche in Europa”, nonostante lo stop alle proroghe senza gara sia stato deciso proprio per evitare una procedura di infrazione. “Daremo battaglia”, fa sapere Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari Italia-associazione imprenditori turistici balneari. “Qui si ragiona in base e in nome della direttiva Servizi, però noi non siamo concessionari di servizi, perché l’oggetto della nostra concessione è una superficie, perciò si riceve in concessione un bene, non un servizio”. Secondo la lobby del comparto “tutta la questione dei balneari è stata strumentalizzata facendola passare per un’operazione di giustizia sociale. Cosa c’entra parlare del prezzo degli ombrelloni o dire che i canoni sono bassi. I canoni li stabilisce il governo con le tariffe e come mai in questo provvedimento non vengono aggiornati se questo era il problema? Ci dicono che a fronte di canoni bassi guadagniamo tanto, però il canone non viene stabilito dai balneari, ma dallo Stato. Ci viene dato un fazzoletto di terra, aria, mare e sole e se come imprenditore sono capace a far fiorire l’azienda, guadagnando molto di più rispetto al mio vicino, pagherò più imposte allo Stato”.

Nel suo ultimo rapporto Legambiente ha deprecato “l’incredibile assenza di dati aggiornati e dettagliati sui canoni pagati per l’utilizzo di beni di proprietà del demanio statale”, commentando: “Sembra quasi che non interessi al Ministero dell’Economia valorizzare al meglio e in modo trasparente i beni dello Stato, con le opportune differenze tra canoni in aree di turismo ricco e invece in aree più periferiche”. Gli ultimi dati disponibili sulle entrate dello Stato sono del 2019: l’ammontare è pari a 115 milioni, di cui solo 83 però effettivamente riscossi. E risultano ancora da versare 235 milioni di euro di canoni non pagati dal 2007. Gli importi dei canoni sono stabiliti per legge e l’ultimo aggiornamento è di 15 anni fa. Nel 2020 le 59 concessioni balneari del comune di Arzachena, nella Costa Smeralda, hanno versato allo Stato in tutto un canone di 19mila euro l’anno. Una media di circa 322 euro ciascuna l’anno. A fronte dei 400 euro giornalieri richiesti per un ombrellone con 2 lettini all’Hotel Romazzino di Porto Cervo.

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