“Ho scelto di fare impresa in Italia perché sentivo la necessità di conoscere fino in fondo le mie origini”. Matthew Modabber ha 22 anni ed è nato e cresciuto a New York da genitori italo-americani. Ha deciso di partire per l’Italia appena compiuti 19 anni. Oggi dirige una catena di negozi insieme a sua sorella nel cuore della Lombardia. “La mia famiglia ha fatto sacrifici enormi per stare a New York”, ricorda Matthew al fatto.it. “Per questo sono e sarò sempre grato. Sono stati loro a spingermi a fare domanda per l’Italia. Mi hanno insegnato ad avere la mente aperta: le strade per raggiungere un obiettivo sono infinite”, sorride. Matthew decide di partire per Milano per studiare International Economics and Management all’Università Bocconi. Ed è proprio in quel periodo che, da studente universitario, si accorge “di una carenza all’interno della scelta dei pasti veloci da consumare in pausa pranzo, ridotti a pizzette, panini, piadine e piatti pronti”. Da qui la scelta di fondare insieme a sua sorella Venus una catena dal nome Salad House.

L’Italia di oggi è “molto diversa da quella che conoscevamo”, spiega il 22enne, “offre molti più spunti imprenditoriali rispetto all’economia chiusa di una volta”. Tra le città italiane Milano è quella che “più ha un respiro internazionale, che offre più opportunità per stranieri”. La gente è “curiosa di scoprire nuovi posti e nuovi gusti, e vige la Fomo (‘Fear of Missing Out’)”, aggiunge. Matthew ha frequentato un corso di laurea dove il 70% degli studenti era internazionale e che, “come me, si trovava a ricreare una famiglia di amici in Italia”, ottenendo tra l’altro il riconoscimento che l’ateneo meneghino assegna per l’eccellenza accademica a coloro che si sono contraddistinti. La struttura delle università è “radicalmente diversa rispetto agli Stati Uniti e queste differenze partono dal liceo”. Negli Stati Uniti si favoriscono i lavori di gruppo, si “dà molta più importanza al mondo del lavoro attraverso incontri con aziende, stage ed esperienze sul campo”. Si incoraggia lo sviluppo di idee “creative e meno nozionistiche”.

Negli Stati Uniti, continua il giovane imprenditore, la tassazione è minore e le procedure sono diverse. “In Italia c’è molta più burocrazia, la legislazione del mercato del lavoro e le forme contrattuali rendono molto complicato operare”. La pandemia ha inciso in maniera considerevole, ma non abbastanza, da far abbandonare i progetti e gli obiettivi di Matthew. “Abbiamo dovuto rimandare l’apertura di 3 punti vendita, con una perdita economica e morale significativa”. Nonostante questo, si è cercato di investire per migliorare i processi interni e le delivery. “Lo staff della catena è quasi interamente under 26”, spiega. Matthew, insieme a sua sorella Venus, ha iniziato inoltre a seguire altri progetti e occuparsi di nuove aziende. Oggi ne gestisce 3, tra l’Italia e l’America, ed è manager per una startup che ha già ottenuto 30 milioni di dollari di finanziamenti.

Al momento “vivo tra Milano e New York, cercando di prendere il meglio da queste due città”, racconta. “Per me la routine è molto importante, quindi anche quando viaggio o cambio Paese, cerco di attenermi quanto più possibile al mio ritmo. Mi sveglio verso le 6 del mattino, medito per 10 minuti, bevo uno shake, rispondo ai messaggi o alle email più urgenti e mi preparo per uscire. Lavoro meglio nei caffè che a casa”, sorride. “Fino a poco fa ero sempre nei miei locali per fare il turno di pranzo, ora ho un ruolo meno operativo”.

Perché allora tanti italiani lasciano il proprio Paese? “Penso sia un circolo vizioso. In un Paese in cui le assunzioni sono così onerose per le aziende, c’è poco spazio per attirare e trattenere talenti. Servirebbe più competitività tra professionisti, incentivando le aziende al rischio imprenditoriale, e quindi la possibilità di assumere con più flessibilità”. Se dovesse dare un consiglio ai giovani italiani, sarebbe quello di cercar di conoscere più persone possibili, di background diversi: “Non sai mai quando ti si presenterà un’opportunità”. Degli Stati Uniti manca l’ottimismo e il “culto del cliente”. Dell’Italia Matthew ama il calore della gente, la vita mediterranea, la possibilità di viaggiare in Europa così facilmente, la varietà di attività in così poco spazio. Tra 10 anni il giovane imprenditore italo-americano sogna la sua azienda sviluppata in un contesto europeo. Ma, conclude, nonostante tutto, “mi vedo contribuire nel contesto imprenditoriale italiano”.

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