di Carmelo Sant’Angelo

Improvvisamente il Parlamento è tornato sovrano. Dopo un anno di umiliazioni inferte dall’Esecutivo, le Camere tornano ad esprimere la volontà popolare. Quelle stesse Camere che, nel silenzio delle Istituzioni preposte alla loro tutela, hanno esercitato, Draghi rege, un ruolo notarile, spesso funzionando in modalità unicamerale.

La medesima voce del Parlamento: soffocata da 35 voti di fiducia; umiliata dai tempi contingentati; offesa da pacchetti di norme da votare a scatola chiusa, senza avere il potere non dico di emendare, ma almeno di leggere; ignorata anche per porgere, con un voto di sfiducia, l’estremo saluto al governo Conte 2, adesso è tornata ad essere la voce della Nazione. E quando il popolo parla nessun servitore dello Stato può far finta di non sentire. Non importa se la volontà popolare non sia perfettamente aderente al dettato costituzionale. Se fino a ieri era un vulnus costituzionale, sono stati sufficienti 759 grandi elettori (ma anche solo 505) per stabilire implicitamente che i padri costituenti si sbagliavano. Voto espresso “capo ha”.

Succede anche quando la maggioranza parlamentare annusa inopinatamente il fumus persecutionis e premurosamente leva dalla graticola giudiziaria il proprio sodale. La voce del Parlamento può trasformare la carne in pesce e viceversa. La tecnica utilizzata è sempre la stessa: quella della mummificazione. La prima cosa da estrarre è il cervello e normalmente lo si fa attraverso le narici dei televisori. Si trova – rectius – si crea ex novo un alibi che giustifichi l’eccezione e lo si ripete come un mantra fino a quando la pubblica opinione lo metabolizza. Poi si passa a svuotare l’interno della norma, si asporta la regola generale e al suo posto si introducono le bende aromatizzate contenenti le eccezioni. E’ una tecnica collaudata, funziona bene con tutto.

Puoi nominare Presidenti di ogni ordine e grado; puoi dare super poteri e super stipendi a sindaci-commissari, per fare le stesse cose che avrebbero dovuto fare già da sindaci; puoi costruire ponti e viadotti, puoi derogare ad ogni norma precedente. Ciò che negli altri Paesi è routinario da noi si realizza con un Commissario ad hoc. Ovviamente è un lavoro da specialisti, che richiede conoscenze di anatomia parlamentare, frequentazioni salottiere, appoggi delle lobbies, spinte dei mercati. Dovendo commissariare anche il Quirinale ci si è affidati ai migliori imbalsamatori: Gigi (di) maior e Letta minor.

Prima di loro si ricorreva agli imbalsamatori di vecchia scuola gattopardesca: “Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente”. Adesso meglio non toccare nulla per non far crollare il castello di carte. L’alibi l’ha fornito l’aspirante al trono con un’equazione capestro: stessa maggioranza di governo, stessa maggioranza per l’elezione del Presidente. Poco importa se il mandato settennale eccede i 5 anni fisiologici della legislatura appositamente per impedire che il Presidente sia ostaggio di una determinata maggioranza. Trascurabile anche la circostanza che il Parlamento si riunisca in seduta comune con la presenza dei delegati regionali per eleggere un Presidente che rappresenti l’unità nazionale.

E’ il Paese in cui, come canta Jovanotti, “le regole non esistono, esistono solo le eccezioni”. Per “fortuna” una regola viene fatta salva: la polizia, nell’omertà informativa, pesta a sangue alcuni giovani studenti scesi in piazza indignati per la morte di un loro coetaneo avvenuta durante l’alternanza scuola-lavoro. Giovani che protestano, ingenuamente e incautamente, senza il supporto di una svastica, di un fascio littorio tatuato, di un braccio teso a 45 gradi, di un amico con la testa rasata. Come pensavano di poter familiarizzare con le forze dell’ordine?

Anch’io, prima di loro, ho sperato di vivere in un Paese che avesse le “carte in regola”. E prima di me ci aveva creduto anche un altro siciliano: Mattarella. Ma quell’altro. Piersanti.

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