di Raffaele Garbellano

Puntuale si consuma l’ennesimo dibattito superficiale sulle misure ovvie del Governo per contrastare la pandemia. Stavolta tocca allo stato di emergenza. Il vero dibattito che invece la Politica con la P maiuscola dovrebbe avere la capacità di affrontare è un altro e di tutt’altra portata.

A meno di piacevoli sorprese, la circolazione del virus sta prendendo una forma endemica. Pertanto non potrà essere azzerata, ma bisognerà accettarne la convivenza. Allora la domanda da porsi è: qual è il limite al di sotto del quale possiamo uscire dalla gestione emergenziale? Qual è il costo sociale che riteniamo accettabile? In termini più crudi: qual è il livello di letalità che siamo disposti ad accettare per gestire il Covid al pari di tutte le altre malattie?

Questo è un punto di equilibrio difficilissimo, la cui scelta è profondamente legata alle radici storiche, culturali, religiose dei singoli stati. E’ legata alla loro concezione del rapporto del singolo con la collettività, alla sensibilità verso la difesa dei più deboli, verso l’interesse della collettività.

Alcuni paesi nordici, come Svezia e Uk, sembrano aver quasi stabilito tale livello di soglia (salvo dei ripensamenti su alcune misure in Uk, che, come al solito, correggono una gestione iniziale piuttosto spregiudicata). Nel resto d’Europa questo punto di equilibrio non è ancora stabilito. Prevalgono, secondo me giustamente, approcci graduali e proporzionali.

Ma i governi a un certo punto dovranno definire una soglia di accettabilità. E dovranno avere il coraggio di farlo con senso etico e con trasparenza.

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