di Pietro Francesco Maria De Sarlo

“Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente!” Onore al merito per Donna Giorgia: scacco matto al sinedrio di Draghilandia avvolto nella nebbia. Taglia le unghie a chi la definiva “fascistella” con una comparsata ad Atreju. “Un partigiano come presidente” cantava Toto Cutugno riferendosi a Sandro Pertini e lei lo evoca chiedendo un “patriota come presidente”. Manicure fatta anche a Mario Draghi.

Con il termine patriota sono definiti anche i partigiani e tutta la retorica risorgimentale si basa sul patriottismo, che una qualche utilità la mantiene in una Italia che troppo unita non è. Ma il termine “patriota” porta con sé il tema dell’identità della Nazione e della Patria. Di un attacco di patriottismo fu vittima anche l’aspirante onorevole Peppone in un comizio dove, con il sottofondo della Canzone del Piave messa ad arte da don Camillo, concluse urlando “E sono ancora i ragazzi del ‘99 che difenderanno i sacri confini della Patria da ogni nemico dell’Oriente e dell’Occidente” per poi finire con “Viva la Repubblica, Viva il Re, Viva l’Esercito!” Eh, sì! La Patria, al contrario dello Stato nemico e infingardo, scalda il cuore, copre divisioni e diversità perché nella Patria c’è più o meno tutto: storia, lingua, cultura, religione e identità, soprattutto.

Ma qui le identità si moltiplicano: quella regionale, quella nazionale, quella europea. Come si costruisce un’identità? Ricordate? “Non fia loco ove sorgan barriere tra l’Italia e l’Italia mai più!”. Quale identità ha Macron quando vuole la difesa del “sacri confini europei” ma anche i respingimenti interni? Sembra dire: “prima ero schizofrenico, ora siamo guariti”. E gli epici scontri di Matteo Salvini con Macron? Acqua passata non macina più.

Qual è l’idea di Europa che si nasconde dietro al Patto dell’Eliseo e a quello del Quirinale se non quella che alcune Nazioni, siano più uguali di altre? Qui c’è il vero sovranismo, quello dei forti e della loro politica di potenza. Manca il Patto d’acciaio. Questa volta però chiamiamolo Patto della Frittata: quella europea.

Patria certa l’hanno Confindustria e la borghesia milanese: i danee! Per questo gridano bis a Sergio Mattarella, sperano di trasformare il 74enne Draghi in un Breznev de’ noantri. Borghesia che si distinse sin dal Risorgimento, preferendo al federalismo e alla repubblica una dinastia così così che grata ricambiò: nel ‘98 con Bava Beccaris e poi ci pensò Sciaboletta, che favorì la resistibile ascesa del fascismo. Insieme ai latifondisti impedirono la modernizzazione del Paese e la distribuzione delle terre promessa da Garibaldi e realizzata 90 anni dopo l’Unità nel 1950. Al servizio di borghesia e Confindustria, ora e allora, un esercito di scrittori salariati che, per dirla alla Gramsci, chiamarono briganti i poveri contadini del Mezzogiorno.

Si tratta di una borghesia e di un’industria di contoterzisti, salvo poche lodevoli eccezioni, assistita, Fiat uber alles, da sempre e subalterna alla Francia e ora anche alla Germania. Il loro motto: “Franza o Spagna basta che se magna”. Specialmente dopo la svendita del patrimonio pubblico e delle partecipazioni statali. Allora si affidarono alle sottane della contessa di Castiglione per ingraziarsi i francesi, ora a Draghi: certamente meno glamour.

Uno spettro si aggira per l’Europa: Carles Puigdemont. Ricercato da tutti ma che nessuno vuole arrestare. Per spirito di fratellanza le varie cancellerie, tranne quella spagnola, lo adorano. Più o meno come adorano gli scozzesi: solo perché mettono la perfida Albione in difficoltà. Ma se l’indipendentismo si trasferisce all’interno del proprio Stato, sia che si tratti della Corsica sia che si tratti del Sud, del Veneto o della Sardegna, apriti cielo.

Una provocazione: se togliessimo un’identità, ossia gli Stati Nazionali, come sarebbe un’Europa delle macro regioni? Da terrone spero tratti meglio il Sud di come lo ha trattato lo Stato Italiano. Crozza-Zaia direbbe: ragioniamoci sopra?

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