di Giovanni Casciaro

Martedì 23 novembre, dopo una trattativa durata tre anni, l’Europarlamento ha approvato la nuova politica agricola comunitaria (Pac). È stato un atto politico di grande rilevanza: entrerà in vigore nel 2023 e durerà fino al 2027, prevede l’utilizzo di ben 386,6 miliardi di euro, che rappresentano circa un terzo del bilancio pluriennale dell’Unione Europea. Risorse ingenti, con le quali sarebbe possibile, urgente e doveroso far fronte ai tanti problemi presenti nel settore agricolo europeo, tra cui quelli impellenti legati alla crisi climatica.

E invece la nuova Pac conferma criteri iniqui di ripartizione dei sussidi, basati sulla dimensione delle aziende agricole, con l’assegnazione della stragrande maggioranza dei fondi ai potentati dell’agro-business, che costituiscono una minoranza degli agricoltori. Si continua così a finanziare un modello insostenibile: monocolture, allevamenti intensivi, utilizzo di pesticidi e di chimica nociva; metodi di produzione agricola e di allevamento che causano perdita di biodiversità, emissioni di gas serra, rischio di salto di specie dei microorganismi e pandemie. Si aggrava così la già problematica situazione esistente.

Tutto questo presenta una clamorosa incoerenza con le strategie europee, “Biodiversità 2030” e “Farm to Fork“, che indicano obiettivi ambientali quali: dimezzare l’uso dei pesticidi, le perdite di nutrienti, le vendite di antimicrobici utilizzati per gli animali d’allevamento e l’acquacoltura; aumentare la superficie dell’agricoltura biologica del 25%. Quindi ancora una volta, come denunciano le tante organizzazioni del biologico, della protezione dell’ambiente e degli animali, sono scelte politiche che, seppur presentando qualche provvedimento migliorativo, sono in contraddizione con le promesse del Green Deal europeo.

Inoltre, anche con la nuova Pac si continua a destinare risorse decisamente insufficienti ai piccoli agricoltori, spesso giovani con un elevato livello di istruzione e di formazione, impegnati a garantire cibo sano con la ricerca di metodi innovativi, applicati anche recuperando saperi tradizionali.

Tuttavia sarebbe ancora possibile rendere “più sostenibile la Pac”. Lo si potrebbe fare definendo un buon Piano Strategico Nazionale (Psn), che ogni Paese Europeo deve presentare alla Ue entro il 31 dicembre per l’utilizzo dei fondi assegnati. Purtroppo però questo in Italia non sta avvenendo, come denuncia #CambiamoAgricoltura, una coalizione composta da oltre 80 organizzazioni del mondo ambientalista e biologico, che continua, purtroppo inascoltata, a proporre al governo cambiamenti migliorativi e puntuali sul Psn.

In Europa comunque sono presenti esperienze che dimostrano come sia possibile realizzare una nuova prospettiva in agricoltura. La rilevanza di tali esperienze è emersa anche recentemente negli incontri del Forum Agroecologico Europeo 2021, tenutosi a Barcellona, organizzato da Agroecology Europe insieme al partner locale “Red de Ciudades por la Agroecología”, e per parte italiana da Rete Semi Rurali.

Agricoltori di nazionalità spagnola, francese e italiana hanno avuto la possibilità di confrontarsi con agricoltori locali, ricercatori, membri di associazioni della società civile “su come l’agroecologia può rigenerare i nostri sistemi alimentari e le comunità, migliorando la biodiversità”. Il Forum ha offerto occasioni di scambio, visite sul campo, e sono emerse molteplici esperienze di innovazione al servizio della transizione ecologica.

I Piani Strategici Nazionali dovrebbero sostenere quindi questo tipo di esperienze, diffuse in tutta Europa, affermando il principio che i “soldi pubblici siano destinati ai beni pubblici”, cioè al “sostegno di pratiche che hanno impatto positivo sulle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori, sulla salute delle consumatrici e dei consumatori, sul benessere degli animali, sull’ambiente e sul clima, senza trascurare la tutela del reddito delle aziende agricole”. È interesse di noi tutti pretenderlo.

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