Acciaierie d’Italia, società partecipata dallo Stato che controlla lo stabilimento ex Ilva, ha richiesto al ministero della Transizione Ecologica “l’autorizzazione ad un maggior numero di sfornamenti di carbon coke dalle batterie attualmente in uso”. A denunciarlo è l’associazione ambientalista Peacelink, spiegando che, in sostanza, aumentare la produzione di carbon coke con tre impianti – dopo il fermo di una batteria negli scorsi mesi – porterà a catena un “incremento delle emissioni”.

Così Peacelink ha scritto al ministro Roberto Cingolani per opporsi alla richiesta di Acciaierie d’Italia, di cui lo Stato detiene il 50% attraverso Invitalia, controllata dal ministero dell’Economia. “È una richiesta che ci ha lasciato allibiti – spiega Alessandro Marescotti, referente dell’associazione ambientalista – in quanto è una evidente modifica peggiorativa dell’autorizzazione integrata ambientale dell’Ilva del 2012 che fissa a 24 ore il tempo di distillazione del coke”.

Accorciare i tempi, sostiene Marescotti, “porta necessariamente a far marciare più rapidamente i forni” e “questo provoca tecnicamente un incremento delle emissioni”. E la cokeria, ricorda l’associazione che nel 2012 con le sue denunce circostanziò l’inquinamento dell’Ilva dei Riva sfociato poi nel maxi-processo Ambiente Svenduto, è uno degli impianti “più critici e inquinanti” dello stabilimento. Da lì, ricorda Peacelink, “fuoriescono sostanze notoriamente cancerogene” come il benzene e gli idrocarburi policiclici aromatici.

Mentre l’Aia del 2012 prevedeva una “norma molto importante” riguardante il tempo di distillazione del coke: imponendolo a 24 ore, prosegue Peacelink, si rallentavano i ritmi di produzione della cokeria. Se invece il ministero della Transizione Ecologica dovesse dare l’ok alla richiesta di Acciaierie d’Italia i tempi produzione “ritornerebbero a essere accelerati” e “le tre batterie della cokeria in funzione produrrebbero per quattro, aggirando il recente stop della batteria 12″. Non solo: un minore tempo di cottura porterebbe all’aumento degli sfornamenti e “con essi le famigerate emissioni di sostanze cancerogene della cokeria”.

La batteria 12 era stata chiusa, dopo un pronunciamento del Tar del Lazio, su richiesta dello stesso ministero poiché l’impianto attendeva da anni lavori di adeguamento con le migliori tecnologie disponibili per l’abbattimento delle emissioni fuggitive. La ripartenza potrà avvenire solo al termine della costruzione di una “doccia” per abbattere le polveri, l’installazione di alcuni filtri ai camini e il miglioramento dei sistemi di aspirazione. Tutti elementi che erano già contenuti tra le prescrizioni imposte negli scorsi anni, ma mai portate a termine. Allo stesso tempo, però, la nuova richiesta, a giudizio di Marescotti, sarebbe un tentativo di “allentare i vincoli” dell’Autorizzazione ambientale del 2012: “L’ingresso dello Stato nell’azienda, così facendo, riduce le tutele ambientali invece di aumentarle – conclude – esponendo lavoratori e cittadini a ulteriori rischi sanitari inaccettabili”.

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