Vi spaventa la candidatura di Silvio Berlusconi al Quirinale? Questo vi spaventa di più: se Draghi diventa presidente della Repubblica bisogna andare a elezioni anticipate. A usare l’arma “fine di mondo” è il coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani, impegnatissimo in queste ore per sostenere l’ipotesi dell’elezione del suo leader a capo dello Stato. Certo, Tajani ne fa una questione tecnico-politica: “Non vedo nessuno che abbia la stessa autorevolezza di Draghi, in grado di tenere politicamente una maggioranza così eterogenea”. Ma con l’occasione usa l’argomento più potente nei confronti delle truppe all’interno del centrodestra – i cui leader Salvini e Meloni sembrano un po’ oscillanti sul punto – e soprattutto nei confronti del grande oceano dei gruppi misti, dove nuotano decine di parlamentari senza casacca, ma anche senza un lumino di speranza di essere rieletti, specie con un Parlamento ridotto di un terzo. E dunque il vice di Berlusconi usa il Grande Spavento: voto anticipato, scioglimento delle Camere, stop allo stipendio in doppia cifra per gli eletti che ora sono liberi come farfalle, a rappresentare componenti da microscopio di laboratorio in sottogruppi matrioska del gigantesco gruppo Misto. Invece l’alternativa eccola lì, dice Tajani, è Berlusconi, con Draghi che resta alla guida della litigiosa maggioranza. D’altra parte per Tajani nulla osta perché l’ex premier, pur condannato in via definitiva, imputato per corruzione e indagato per concorso in strage insieme a Marcello Dell’Utri, diventi il capo del Csm e garante della Costituzione. Giusto ieri, ai microfoni de ilfattoquotidiano.it, ha assicurato che la condanna definitiva per frode fiscale “non è un problema politico”.

L’impressione è che il richiamo di Tajani sia più un grido di dolore che un appello vero e proprio, come se i berlusconiani vedessero sgretolarsi la possibilità che si arrivi almeno a un tentativo di tentare almeno una volta quando il Parlamento si riunirà in seduta comune. Ma passano i giorni e i giornali raccontano di ripetuti faccia a faccia, già avvenuti e in programa: Meloni-Letta, Salvini-Conte e poi Letta-Salvini. Clemente Mastella, sindaco di Benevento, mentre fonda il suo nuovo partito (qui servirebbe lo stesso pallottoliere che per il Colle) avverte il vecchio alleato: “L’unica cosa che posso dire è che Berlusconi deve stare attento. Questi colloqui Meloni-Letta la dicono lunga, perché questi vogliono portare Draghi a tutti i costi, dopodiché si rischia di andare al voto. Però non so se hanno fatto i conti col Parlamento”. “Berlusconi stai attento”, ribadisce l’ex ministro non contento, “la Meloni e qualche altro vogliono fotterti…”. Ieri la presidente di Fratelli d’Italia aveva ribadito ieri che Berlusconi risponde all’identikit, ma in sostanza non bisogna impiccarsi a un nome solo perché servono “un piano B, C…”: “La candidatura di Berlusconi non è facile sul piano dei numeri, per me la cosa importante è che il centrodestra sia unito, perché questa volta abbiamo l’occasione per giocarci la partita da protagonisti e non dobbiamo perderla”.

Ma c’è qualcuno che si prepara al banchetto per essere pronto in caso di bisogno, inteso come il bisogno di Berlusconi. Matteo Renzi infatti sta procedendo per una fusione con i gruppi parlamentari di Coraggio Italia che fanno capo al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. Un modo per il leader di Italia Viva di coagulare un bacino di Grandi elettori che supera i 70, che è – guarda il caso a volte – proprio la cifra che servirebbe al leader di Forza Italia per sperare nell’entrata nel Palazzo che fu dei papi. Sperando che la cosa non gli metta in testa l’idea di andare nella residenza attuale dei pontefici.

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