“Siamo appesi ad un filo… Dei tre parametri fissati per passare in zona gialla, due sono superati: incidenza e percentuale di terapie intensive. Per l’area non critica siamo all’8 per cento, se dovessimo arrivare al 15 per cento cambieremmo zona. Insomma, siamo appesi all’occupazione di area medica. Se dovessimo proiettare la media degli ultimi 15 giorni, pian piano arriveremmo anche all’arancione e al rosso, ma il comportamento del virus non è prevedibile”. Le conferenze stampa nella sede della Protezione Civile di Mestre del governatore veneto Luca Zaia cominciano ad avere un tono più preoccupato, anche se ogni drammaticità viene esclusa. Anzi si spiega che il numero di vaccini giornalieri in Veneto viaggia oltre le 40mila unità, più di quelli chiesti dal generale Figliuolo. Un primato in Italia. E se ci si vaccina il rischio di ammalarsi e morire si riduce drasticamente.

Eppure sono i dati relativi ai positivi che destano allarme. Dal 29 novembre il Veneto è la regione più infettata d’Italia, visto che registra un numero di nuovi casi superiore a quello della Lombardia (al secondo posto in valore assoluto), che però ha il doppio degli abitanti. Il 29 novembre il Veneto ha registrato 1.265 casi contro gli 851 della Lombardia, il giorno 30 erano 2.362 contro 2.223, l’1 dicembre erano 2.656 contro 2.503, il 2 dicembre erano 2.873 contro 2.620. In quest’ultimo caso i nuovi positivi sono stati pari al 17,1 per cento dei 16.806 totali, mentre la popolazione veneta è l’8,1 per cento di quella italiana.

“Maggior numero di positivi rispetto alla popolazione? Non ho risposte. È indescrivibile il modo con cui si comporta il virus. Nella comunità di Bolzano la situazione è molto più grave. Il Friuli Venezia Giulia è già in giallo. Poi c’è la Slovenia, e anche l’Austria dove hanno chiuso tutto. Nessuno sa spiegare perché questa sia l’area delle 8 regioni più colpite a livello nazionale”. Così ha detto Zaia. E per allontanare insinuazioni sulla gestione sanitaria, visto il dato attuale di maggior numero di contagi in Italia, ha aggiunto: “Non è la politica a decidere se infettarsi di più o di meno, noi diamo corso a quello che dicono i nostri tecnici. Noi facciamo tanti tamponi e i dati vanno valutati non in valore assoluto, ma calcolando il numero di tamponi effettuati e i nuovi casi”. Anzi ha invitato a verificare quanti tamponi fanno le altre regioni. Il raffronto è presto fatto. La Lombardia nell’ultima settimana ha sempre fatto molti più tamponi del Veneto, ma ha avuto meno infetti: 115.036 contro 91.448 il 26 novembre, 126.508 contro 105.724 il giorno 27, 113.407 contro 88.970 il giorno 28, 44.047 contro 33.844 il giorno 29, 163.960 contro 138.491 il 30 novembre, 120.763 contro 96.040 l’1 dicembre, 147.234 in Lombardia contro 120.620 in Veneto il 2 dicembre.

“A noi interessa fare il maggior numero di tamponi e di contact tracing – ha detto Francesca Russo, direttrice della Prevenzione della Regione Veneto – per pagare il minor prezzo in vite umane e avere meno soggetti ammalati o che muoiono. I tassi in questo senso ci danno ragione. Ad esempio il tasso di mortalità in Lombardia è risultato di 7.5 punti, in Emilia Romagna di 4.5 punti e in Veneto di 1.2 punti”. Invito di Zaia ai giornalisti: “Scrivete questi tre numeri e aggiungeteci: bravi”.

Zaia insiste comunque sulle vaccinazioni. “Non ce l’ho con i No vax, ma vaccinarsi è la soluzione. La battaglia, quella vera, si sta consumando negli ospedali, siamo pronti ad aprire i 7 ospedali chiusi per far fronte a qualsiasi emergenza. Questa battaglia ha già cominciato a togliere posti letto a pazienti che ne avevano bisogno per altre patologie. I pazienti Covid sono come ‘radioattivi’, chi interagisce con loro, ad esempio, deve mettere in atto procedure che paralizzano reparti interi. Per non parlare della divisione dei pazienti Covid e non Covid nei reparti”. All’esterno degli ospedali viene data molta importanza al contact tracing. Francesca Russo ha spiegato, per rispondere alle segnalazioni di disservizi provenienti dalle realtà venete: “In base alle disposizioni ministeriali i contatti a fini di tracciamento con i positivi devono avvenire almeno nel 60 per cento dei casi, noi lo facciamo in più dell’80 per cento, ma puntiamo al 90 per cento. Quindi è normale che qualcuno non venga contattato dagli addetti. Il monitoraggio è strettissimo, perché fa la differenza”.

In un’intervista radiofonica, Zaia ha dichiarato: “Io sono contrario all’obbligo vaccinale, perché sono pratico. Cosa vuol dire rendere obbligatorio il vaccino? Non c’è un modello vaccinale nel mondo che abbia raggiunto il 100 per cento. La vaccinazione obbligatoria prevedrebbe il Trattamento Sanitario Obbligatorio, ed è fattibile in un Paese in cui non possiamo nemmeno chiedere la carta d’identità ad un cittadino? Per favore siamo seri!”.

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