Kevin Strickland, 62 anni, era in carcere da quando ne aveva 19, condannato all’ergastolo per triplice omicidio. Martedì è stato scagionato da un giudice del Missouri. Ora è libero ha solo due desideri: vuole andare sulla tomba della madre e sull’Oceano, che non ha mai visto dal vivo. Lo ha riportato il Washington Post, raccontando l’ennesimo caso di giustizia influenzata da motivi razziali. Per il quotidiano della capitale degli Stati Uniti “si tratta del caso più lungo di errata condanna nel Missouri e di uno dei più lunghi nella storia degli Usa”.

L’uomo ha saputo della sua scarcerazione mentre la notizia scorreva sulla parte bassa dello schermo della televisione durante una soap opera: tutti i detenuti hanno iniziato a urlare di gioia. “Non sono necessariamente arrabbiato, sono un sacco di emozioni”, ha dichiarato ai media americani mentre lasciava il Western Missouri Correctional Center di Cameron. “Penso di aver creato emozioni che voi tutti non conoscete ancora. Gioia, dolore, paura: sto cercando di capire come metterle insieme“.

Non c’erano prove contro l’afroamericano, quando Sherrie Black, 22 anni, Larry Ingram (21) e John Walker (20) – tutti e tre bianchi – vennero trovati morti il 25 aprile 1978 in un bungalow vicino Kansas City. Anzi, i killer condannati con lui avevano dichiarato che Strickland non era assolutamente coinvolto nell’omicidio e la condanna si basò interamente su una testimonianza dell’unica sopravvissuta all’aggressione, Cynthia Douglas.

Il giorno dell’omicidio il 21enne Vincent Bell, Kim Adkins, Terry Abbott e un sedicenne si ritrovarono fuori dalla casa di Strickland per organizzare una spedizione punitiva in un bungalow per vendicare una perdita al gioco con dadi truccati. Strickland fu informato della cosa, ma preferì rimanere a casa con la figlia nata da poco. I quattro hanno ammesso di aver legato e ucciso Black, Ingram e Walker, ma hanno anche specificato che Kevin non era con loro.

Cynthia Douglas, che era la fidanzata di una delle vittime, restò ferita e finse di essere morta, così riuscì a liberarsi e a cercare aiuto. Quindi la polizia piombò a casa di Strickland e lo portò in caserma per un riconoscimento insieme ad altri afroamericani. La donna, morta nel 2015, ha poi dichiarato di aver ricevuto forti pressioni dagli agenti, che la invitavano a scegliere in fretta una persona e nello specifico a puntare il dito su Strickland. Per anni ha provato invano ad avvertire esperti politici e legali per aiutarla a dimostrare di aver identificato l’uomo sbagliato, portando le testimonianze della sua famiglia, di amici e di un collega di Strickland che potevano assicurare un alibi all’afroamericano.

Partendo da queste basi, un procuratore della contea di Jackson ha chiesto la scarcerazione dell’uomo, così James Welsh, un giudice in pensione della Corte d’appello del Missouri, ha deciso dopo un’udienza probatoria di tre giorni che le prove utilizzate per condannare Strickland erano state da allora ritrattate o confutate. Welsh ha scritto nella sua sentenza che “prove chiare e convincenti minano la fiducia della Corte nella sentenza di condanna, che così non può reggere, quindi deve essere cancellata”, decretando l’immediata scarcerazione del detenuto. Una decisione criticata dai repubblicani del Missouri a partire dal governatore e dall’attorney general, il procuratore generale.

Strickler ha detto che vorrebbe essere coinvolto negli sforzi per “evitare che questo accada a qualcun altro“, dichiarando che il sistema di giustizia penale “deve essere abbattuto e rifatto“.

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