Gli studenti universitari italiani sono in ginocchio. Le tasse per frequentare gli atenei sono sempre più alte, i costi sempre maggiori ma le residenze per i ragazzi fuori sede non aumentano di numero, mentre gli affitti privati salgono alle stelle. L’analisi, supportata da dati dettagliati, arriva dall’Unione degli Universitari (Udu), che giovedì ha presentato al Senato un corposo dossier per fotografare il quadro regione per regione, città per città. “Lo scenario – ha esordito Giovanni Sotgiu, coordinatore nazionale Udu – è drammatico e insostenibile”. Negli ultimi quindici anni la tassazione media universitaria è aumentata dell’82%, passando dai 743,70 euro dell’anno accademico 2004/05 ai 1.353,43 euro del 2019/20. “Il taglio dei finanziamenti ordinari fatto dalla riforma Gelmini – ha spiegato Sotgiu – lo stiamo ancora pagando oggi, perché di fronte alle decurtazioni gli atenei hanno scelto di penalizzare gli studenti”. Ma non basta. Mediamente l’Università costa (considerando tasse, materiale didattico, trasporti, affitto e pasti) alle famiglie circa cinquemila euro per chi abita nella città dell’ateneo; 5.500 euro per chi viene dalla provincia e undicimila per gli studenti fuori sede.

Residenze universitarie: posti letto solo per il 5% dei fuorisede – Un problema che va a braccetto con quello della scarsità di residenze universitarie nel nostro Paese: a fronte a 764mila studenti fuori provincia sono a disposizione soltanto 36.478 posti letto, ovvero il 5% della domanda potenziale. Il resto dei ragazzi è costretto a pagare una stanza in affitto, con una spesa che va dai trecento euro medi di Napoli ai cinquecento di Milano. “Una questione – ha sottolineato il coordinatore Udu – che nemmeno il Pnrr risolverà, perché è previsto un investimento per di 950 milioni di euro per centomila posti letto di fronte ad un fabbisogno di oltre settecentomila”. Conclusione: “Se siamo un Paese con un numero di laureati più basso della media europea (25,1% a fronte del 32%) è a causa del mancato investimento in questi anni sull’Università”, denuncia l’Udu.

Tasse alle stelle: al Sud +131% in 15 anni – Per quanto riguarda il livello di tassazione si notano le differenze tra Nord e Sud: nel Settentrione, l’incremento negli ultimi quindici anni è stato del 68,90%; al Centro del 63,91% mentre nel Meridione si è arrivati a un +131,32%. Nella classifica degli atenei più cari al primo posto si piazza il Politecnico di Bari che ha aumentato le tasse del 260,03% passando dai 292,91 euro del 2004/05 a 1.054,57 del 2019/20. Al secondo posto troviamo l’Università di Palermo con una variazione del 208% (+812,98 euro) e in terza posizione quella di Cagliari con il 187,33% (+683,46 euro). Ad aver incrementato le tasse in maniera minore ci sono invece gli atenei di Firenze (+143,30 euro, il 15%); L’Aquila (+26,28%) e Torino (+280,37 euro). Ma c’è anche un caso virtuoso: l’università di Camerino, che nello stesso arco di tempo ha diminuito le tasse di quaranta euro. “Anche nel panorama europeo – spiega Sotgiu – l’Italia è agli ultimi posti. Ben 26 Paesi hanno tasse universitarie minori delle nostre”.

La vita fuori sede? A Milano costa 15mila euro l’anno – Altro tema è quello dei costi del materiale didattico, dei pasti e del trasporto urbano, comprese le tasse. L’Udu ha esaminato in maniera dettagliata, ateneo per ateneo, le somme spese ogni anno, che cambiano in base alla residenza dello studente. Com’è ovvio, chi abita nelle città sedi universitarie spende meno: Milano è la metropoli più cara con 5.942,06 euro l’anno, mentre Camerino (4.079,74 euro) e Catania (4.436,16) sono le meno dispendiose. I pendolari – chi abita in provincia – hanno una spesa leggermente maggiore: anche qui Milano è il centro più costoso (6.392,06 euro) mentre i più virtuosi sono Camerino (4.729,74 euro) e L’Aquila (4.834,92 euro). I costi più alti sono quelli per i fuori sede: resta il capoluogo lombardo la città dove servono più euro per vivere, ben 15.130,60 ogni anno, mentre chi risiede fuori provincia può stare più tranquillo a Camerino – dove comunque deve spendere 9.302,94 euro – e a Chieti (9.504,10 euro).

Gli affitti privati tra speculazione e nero – Infine, l’Udu ha realizzato un monitoraggio della situazione abitativa. “Gli ingenti tagli all’istruzione universitaria effettuati dalla legge Gelmini e perpetrati negli anni non hanno contribuito solamente ad un mancato aumento dei posti letto, ma anche ad una mancata ristrutturazione e manutenzione degli spazi e degli alloggi già presenti”, spiegano gli universitari. Di conseguenza, spesso gli enti per il diritto allo studio preferiscono appaltare le residenze ai privati. “Di fronte a pochissimi posti disponibili – denuncia Sotgiu – i ragazzi sono costretti ad affittare a casa facendo i conti con la speculazione da parte dei proprietari e gli affitti in nero”. La situazione è critica nelle grandi città: l’affitto medio per una stanza singola a Milano raggiunge i 504 euro, seguita da Firenze con 414 euro, Roma con 392 euro e Bologna con 378 euro. Al Sud è Napoli la più cara con 338,80 euro. “Serve investire – dice il coordinatore nazionale – una cifra pari a sette miliardi di euro. Nel frattempo l’azione utile da intraprendere a breve e medio termine sarebbe quella di introdurre un canone concordato”.

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