di Pietro Francesco Maria De Sarlo

Scrivo per un amico. Ha appena ultimato i lavori di ristrutturazione e ha appena pagato il 9 novembre l’ultima fattura. Cila, fatture e pagamenti secondo le norme vigenti per il recupero fiscale del 50%. Ha speso poco più del tetto di 96mila euro, ma è soddisfatto del risultato. Si accinge a fare la pratica della cessione del credito alle Poste per recuperare quasi 45mila euro dei cento spesi ma decide di farla con calma il 13, sabato.

Ma sabato… sorpresa! Il sito delle Poste nella apposita sezione è ‘temporaneamente sospeso’. Pensa al solito disguido tecnico e riprova più tardi. Nisba. Si insospettisce e scopre che il 12, il giorno prima, in Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il decreto antifrode che stabilisce che per poter cedere il credito non bastano più i documenti religiosamente raccolti, ma una asseverazione sulla congruità delle spese sostenute ad opera di un tecnico abilitato. Nessuna differenza tra lavori iniziati, o da iniziare, tra lavori conclusi o no. Lo spartiacque della norma è la data della cessione. Fino all’11 novembre non c’è bisogno del parere di congruità, dal 12 sì. E quanto te lo dicono? Per i più attenti il 10 novembre, data di emanazione del decreto.

Poca cosa direte: basta farsi fare l’asseverazione. Però le cose non stanno esattamente così per due motivi. Il primo è che il costo dell’asseverazione non figura tra le spese ammesse al recupero fiscale, e anche se lo fosse il mio amico ha già superato il tetto di 96mia euro. Il secondo è che, al contrario del bonus 110%, l’asseverazione dei costi non era prevista e quindi tutto l’iter negoziale tra tecnici, imprese e committenza si è svolto a corpo e non a misura. Magari anche con variazioni di scelte in corso d’opera negoziate al momento: e quindi il tecnico dovrà verificare la congruità ex post delle spese sulla base di un preziario che non è mai stato riferimento delle trattative e su una contabilità lavori a dir poco semplificata, se non inesistente. Insomma ad occhio.

Lodevole l’intento di evitare le frodi, ma per farlo si ricorre ai soliti vizietti da Stato del terzo mondo, con tutto il rispetto per il terzo mondo, che stabilisce norme retroattive e trasferisce ai cittadini per bene le incombenze e i costi della repressione e prevenzione delle frodi.

L’edilizia è un settore economico che ha tempi e modus operandi precisi. In questa fase seguire bizzarrie e ripensamenti per bonus 110% e altro del Governo ha fatto venire l’esaurimento nervoso a tutti gli addetti. Dal nulla compaiono verifiche di impatto ambientale e paesaggistico e se pensate di recuperate un edificio in un centro storico in un antico borgo il mal di testa è assicurato, la fattibilità burocratica meno.

La continuità ideale con i governi dei Migliori del passato è ristabilita. Ricordate come nel 2014 Renzi tagliò retroattivamente gli incentivi per il fotovoltaico? E che dire di Mario Monti che lasciò senza pensione e senza stipendio tutti quei lavoratori che avevano firmato gli accordi per l’esodo?

Draghi poteva essere da meno? E poi per uno che a più di 70 anni ottiene un mutuo di ben 1,5 milioni da ripagare in vent’anni immagino che 45mila euro siano parva materia.

Al mio amico è rimasto un dubbio. Ma Draghi non doveva fare riforme su riforme per modernizzare il Paese e portarci in Europa come Paese civile e moderno? Non doveva rimuovere tutti gli ostacoli per favorire le imprese estere ad investire in Italia? Pensa di farlo con la retroattività delle norme?

Siamo rimasti la solita Italietta di Arlecchini e Pulcinella dove il rapporto tra il cittadino e lo Stato è random, erratico, aleatorio come vincere un terno al lotto e dove, come in un sistema feudale, si sottostà al volere del principe di turno. Come il Marchese del Grillo alle richieste di Piperno: “E vabbè se i giudici te danno ragione io te pago… adesso famme dormi’ che so’ stato in piedi tutta la notte!” Aspettiamo Ricciotto che dica: “S’è svejatoooo” e magari che qualcuno precisi almeno cosa e come asseverare.

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