La carenza di treni che sta provocando numerosi disagi sulla Roma-Lido riguarderà, presto, anche le linee A e B della metropolitana. In questo caso sono tutti i 51 treni che hanno la revisione scaduta dei treni spagnoli Caf, 300 consegnati nel 2005 e che adesso vanno controllati. Atac e Comune stanno cercando di evitare una clamorosa “dimenticanza” nel momento in cui la pandemia torna a farsi largo e la necessità del distanziamento a bordo impone l’80%. Contrariamente a quanto si legge in questi giorni, ciò non si deve solo a generiche lungaggini burocratiche, né a un ricorso sulla gara per l’affidamento dei lavori di revisione ciclica dei treni.

La gara è solo l’ultimo capitolo di una vicenda sconcertante. La prima gara avvenuta nel 2020 con una unica offerta ricevuta non è stata ritenuta valida, quindi non è stata aggiudicata. La seconda gara, 64 milioni e un cronoprogramma che prevede lavori sui 51 treni per un totale di otto anni e dove è prevista la revisione di quattro treni per volta, a febbraio di quest’anno viene aggiudicata a Rti Alstom, vincitore col 10% di ribasso. Il secondo arrivato (Rti-Caf, che è anche il costruttore dei convogli) presenta ricorso e la procedura si blocca.

Per capire come si è arrivati a questa situazione che minaccia lo stop della metropolitana dobbiamo chiederci perché l’Atac – come fanno tutte le aziende di trasporto – non ha predisposto una struttura nelle sue officine, capace di eseguire con l’ausilio previsto dal contratto del costruttore spagnolo tutti i cicli manutentivi previsti nel libretto di circolazione di questi convogli.

Probabilmente all’insaputa della sua proprietà, il comune di Roma, l’azienda ha deciso di non effettuare questa manutenzione “in house”, al contrario di quanto fanno tutte le aziende normali. In alternativa, nel capitolato di acquisto di nuovi treni (avvenuto nel lontano 2005!) l’Atac poteva richiedere l’offerta per un contratto di manutenzione che include la grande revisione che poi non sarebbe stata a carico del costruttore ma del manutentore, che sia Caf o Atac. Questa scelta non è stata però adottata.

Ora, affidare la grande revisione a un concorrente del costruttore è una pessima idea: come farà a eseguire una profonda manutenzione dei convogli senza avere in mano tutte le carte e le schede tecniche (anche quelle di segreto industriale)?

Lo stato di crisi tecnica permanente di Atac – sia per quanto riguarda le linee di autobus che quelle tranviarie e metropolitane – viene da lontano. L’azienda infatti è stata al centro di truffe, fenomeni di corruzione, clientelismo, consociativismo sindacale, assunzioni e promozioni di addetti senza alcuna logica aziendale e operativa. I costi alle stelle della gestione e i disavanzi ripianati dallo Stato lo dimostrano. Come lo dimostra il fatto che l’utilizzo dei mezzi pubblici a Roma è tra i più bassi tra le capitali europee, e che i romani si muovono prevalentemente in automobile o in motorino (con effetti deleteri per il traffico quotidiano e l’inquinamento atmosferico).

Una simile gestione ha potuto contare sull’assenza della regolazione pubblica del proprietario comunale, che ha fatto di Atac un limone da spremere per il consenso. Se la regolazione del Comune è stata assente, anche quella dell’organo del ministero delle Infrastrutture e della mobilità per la sicurezza e la vigilanza sulle apparecchiature di rete e dei convogli delle ferrovie concesse, l’Ustif, non ha brillato. Gli organismi di vigilanza ministeriali per strade, autostrade, ferrovie e impianti a fune sono gli stessi implicati in molti incidenti avvenuti per gli scarsi controlli sulle condizioni di sicurezza delle reti, e per la mancata vigilanza che ha avvallato di fatto la scarsa e intempestiva manutenzione.

L’organismo di Vigilanza sulla sicurezza dei trasporti (Ansfisia) è al centro di uno sconcertante allargamento della sua struttura operativa che sta mettendo insieme un campo di intervento eccessivo. Strade, autostrade (quindi ponti, gallerie, segnaletica ecc.), ferrovie statali (quindi binari, convogli, segnalamento ecc.), ferrovie concesse (tram, metropolitane, autobus ecc.): un accorpamento voluto dopo il crollo del ponte Morandi per segnalare una reazione del ministero, e che però rischia di disperdere competenze in un caotico contenitore troppo grande che viene strozzato dalla burocrazia.

L’accorpamento ha infatti prodotto un conflitto interno alla super agenzia della sicurezza, per accaparrarsi i posti più prelibati e strategici che la riorganizzazione ministeriale sta disegnando. Aziende inefficienti (Atac è tra le prime della classifica nazionale) e uffici ministeriali che hanno una visione prevalentemente burocratica e subalterna alle grandi aziende monopoliste spiegano perché la mobilità sostenibile non è attrattiva per gli italiani, che continuano a essere i maggiori proprietari di automobili in Europa.

Articolo Precedente

Dopo la Cop26 caccia grossa a carbone, gas e nucleare

next
Articolo Successivo

Insetti a tavola, arriva il sì alle locuste: ora l’alimento del futuro ha un solo scoglio

next