Niente indennizzo per malattia né riconoscimento di invalidità a chi, in orario di lavoro, subisce un infortunio mentre va al bar a prendere il caffè. Lo stabilisce una sentenza del 9 novembre con cui la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Inail contro un’impiegata della procura di Firenze alla quale era stata riconosciuta tutela assicurativa per essersi procurata una trauma al polso mentre, su autorizzazione del suo capo, lasciava l’ufficio per un espresso.

In base a quanto scrivono i supremi giudici, la donna non ha diritto ai benefici assicurativi sia perché ha affrontato un rischio “scaturito da una scelta arbitraria” sia perché “ha creato e affrontato volutamente una situazione diversa da quella inerente l’attività lavorativa solo per soddisfare esigenze personali“. Irrilevante, dunque, anche “la circostanza della tolleranza espressa dal datore di lavoro” in quanto per gli ermellini “non garantisce assolutamente che la pausa caffè sia connessa a motivi di servizio”. Da qui, il pronunciamento della sezione lavoro dell’Alta Corte, che in sostanza ha escluso “la indennizzabilità dell’incidente subito dalla lavoratrice durante la pausa al di fuori dell’ufficio giudiziario dove prestava la propria attività e lungo il percorso seguito per andare al bar”.

L’impiegata aveva vinto in primo e secondo grado davanti al Tribunale e alla Corte di Appello di Firenze e aveva quindi ottenuto dall’Inail l’indennità di “malattia assoluta temporanea“, oltre all’indennizzo per danno permanente del 10% dopo la caduta per strada avvenuta a luglio del 2010. A undici anni di distanza, la donna ha perso il diritto ai benefici ed è stata condannata a pagare 5.300 euro di spese legali.

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