L’impiego occasionale a chiamata (10 euro all’ora) che man mano che le ore aumentano diventa contratto fisso a 500 euro al mese per 6 giorni alla settimana su 7. Lo stage infinito (10 mesi a 3 euro all’ora per almeno 11 ore di lavoro) che finisce quando il neolaureato si ammala. Il posto nell’impresa di pulizie per 8 ore al giorno e 350euro al mese (spese escluse). Il tirocinio gratuito nell’azienda alimentare con la promessa di contratto, ma poi scade il praticantato e addio contratto. Oppure la prova gratuita di una settimana nell’organizzazione di eventi, ma dopo sette giorni (e soldi spesi per raggiungere il posto di lavoro) ecco che inizia la prova di un altro candidato, con il risultato che il datore di lavoro non paga mai nessuno. Sono le storie raccontate dai lettori che hanno partecipato alla campagna No al lavoro sottopagato del fattoquotidiano.it, inviando le loro storie a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it. L’emergenza del lavoro sfruttato riguarda tutti i settori, dalla ristorazione alla logistica passando per grande distribuzione, hi tech e servizi professionali. Continuate a inviarci le vostre testimonianze.

Il figlio maggiore di mio marito è rimasto senza lavoro a maggio 2019. Poi, dopo offerte non accettate di lavori a tempo pieno su 6 giorni a 600 euro al mese e straordinari non pagati nel comparto plastico, si è trovato costretto a accettare un contratto a chiamata a 10 euro all’ora in un supermercato di paese. Dopo aver verificato che il ragazzo lavorava, gli è stato detto che dovendo essere presente più ore in negozio il titolare non ce la faceva a dargli quella paga. Quindi sono passati a un contratto sulla carta part time di 500 euro al mese, lavorando effettivamente anche 10 ore al giorno per 6 giorni alla settimana. Il ragazzo teneva ogni tanto anche la cassa, insieme ai titolari. A fronte di ammanchi imputati solo a lui, quando il titolare gli ha detto di reintegrare 50 euro che mancavano, il ragazzo ha mollato tutto. È passato nella vigilanza non armata, in nero, a 7 euro l’ora (chiamato solo 3 volte nel periodo estivo) e adesso ha un contratto regolare sempre a chiamata a 5 euro l’ora. È vero che il ragazzo non ha la patente né un titolo di studio, ma non per questo lo dobbiamo relegare a schiavitù. Va bene i ragazzi bamboccioni che pretendono tutto e subito senza fare gavetta, ma adesso mi sembra che si esageri. Anche perché il “ragazzo” ha 37 anni e mantiene anche la madre disoccupata.
Simona P.

Ho letto il vostro articolo sui lavori sottopagati e non posso non sentirmi coinvolta, e anche fortunata con ben 7,15 euro nette all’ora. Sono un’Oepa: operatore educativo per l’autonomia e la comunicazione (ex Aec). Mi occupo dei bambini disabili a scuola, della loro autonomia e inclusione in classe. Ho una responsabilità immensa ma non faccio parte del comparto scuola: sono dipendente di una cooperativa che appalta il sevizio al Comune di Roma. Il comune paga 21 euro all’ora alla cooperativa per il mio servizio, a me ne arrivano 7. Lavoro 30 ore settimanali per uno stipendi di 900 euro. Una maestra, anch’essa sottopagata, guadagna almeno 400 euro in più con circa 10 ore in meno. Ma loro non c’entrano nulla, se la passano male quasi quanto noi. Spesso vengo assegnata nelle ore della mensa perché i bambini disabili vanno seguiti in quel frangente, ma non mi spetta il pranzo e quelle poche volte che me lo danno mi fanno un favore e me lo fanno pesare tutto. Non posso portare cibo in mensa, quindi dovrei mangiare dopo il bambino, ma non posso lasciarlo perché non ho pausa pranzo né ticket restaurant. Non partecipo alla programmazione di classe, ai consigli di classe e di istituto. Spesso non vengo avvisata delle comunicazioni ufficiali: vi dico solo che lo scorso anno la mia classe è stata messa in quarantena e quindi in dad ma io l’ho saputo solo recandomi a scuola perché nessuno si era preso la briga di avvisarmi. E queste sono solo alcune delle umiliazioni che ogni giorno subisco. Prima fra tutte uno stipendio da fame che sono costretta ad integrare con un secondo lavoro mentre faccio anche la mamma, la moglie e la casalinga.
Claudia C., Roma

Ho lavorato sei mesi in una ditta di pulizie condominiali con contratto part-time da 9 ore settimanali, ce ne facevano fare 8 di ore al giorno, in più dovevamo prendere gli autobus o la nostra auto, tutto a spese nostre per 350 euro al mese.
Alex G.

Ho fatto il tirocinio di 200 ore (a 0 euro) come operaia per i controlli su una “catena di montaggio” di mezzene di maiale, anche se il corso per cui facevo il tirocinio era di tecnico esperto nelle certificazioni di qualità. Ero da sola a svolgere quella funzione, c’era anche il mio nome sul foglio dei turni. Finito il tirocinio, tanti complimenti… ma il contratto promesso non c’era più!
Milena M., Modena

Lavoro in una società di telemarketing, con il compito di fissare appuntamenti. Ho iniziato 20 anni fa e da qualche anno a questa parte, ma soprattutto da qualche mese, il mio stipendio si è notevolmente ridotto. Prima mi pagavano gli appuntamenti e le eventuali vendite. Da qualche mese hanno deciso di non pagare più gli appuntamenti, ma solo le eventuali vendite (se ce ne sono) e quindi si lavora sull’incertezza. Il tutto stabilito da loro, a loro piacimento e senza nulla da me firmato. Se ti lamenti ti ricattano dicendo che c’è crisi, e altrimenti l’azienda chiude. Lavoro 6 ore al giorno. Non ho un fisso. Ho la partita Iva. Arrivo a guadagnare 500/600euro al mese. Addirittura un paio di mesi fa 350 euro. Togli le tasse, cosa ti rimane? Forse si guadagna di più chiedendo l’elemosina.
Ornella M.

Sono il responsabile di un locale notturno, ho 33 anni e faccio il barman da quando ne ho 20. In tutti questi anni non mi è mai capitato di avere un contratto serio, con tutto in regola. Nel settore il massimo a cui puoi aspirare è il 50% in nero. Al momento lavoro 6 giorni su 7, 54-58 ore a settimana: guadagno sui 2mila euro al mese; è considerata una paga alta da responsabile, ma ho un contratto part-time da 20 ore settimanali, 750 euro in busta paga. Sono stato in malattia una sola volta per un’operazione alla schiena, e dall’Inps ho ricevuto 200 euro al mese per tre mesi: queste sono le garanzie di cui godo. Quello che voglio sottolineare è che è proprio il settore intero ad essere sotto scacco, non è un caso isolato. Non conosco nessun collega che abbia un trattamento migliore. Tempo fa lessi molti articoli sul problema degli stagionali, si parlava di camerieri e barman per l’estate: il problema non riguarda assolutamente solo gli stagionali, è un problema più generalizzato. Non capisco proprio perché non se ne parli. Io purtroppo, come tanti, mi mantengo da solo e non posso proprio permettermi di fare vertenza e di lasciare il lavoro. Ho una laurea e sto provando a fare dei concorsi per cambiare vita. Siamo tutti sotto scacco, non siamo aiutati dallo Stato in alcun modo: basterebbero dei controlli seri, ma non ci sono. Quando arrivano sollevano a malapena un po’ di polvere senza prendere dei provvedimenti seri. Basterebbe il timore di una multa salata a cambiare i piani di un proprietario, che se sa di poterla scampare allegramente se ne approfitterà sempre e senza pensieri. Dove sono i controlli veri? In 7 anni sono passati due volte per dei controlli, il massimo che hanno fatto è stata una multa per norme igieniche dopo aver trovato in freezer dei supplì fatti in casa sottovuoto senza etichetta. Se un locale come il mio fattura 2 milioni e 8, sfiorando i 3 milioni, cosa potranno mai essere mille o duemila euro di multa? Nessuno ha veramente controllato i contratti di lavoro. Ferie pagate al 40%, malattia pagata solo da contratto, festivi non pagati, contributi versati, quel che basta per spuntarla, tredicesima e quattordicesima in busta paga ogni mese spalmati con il nero, quindi ovviamente mai ricevuti: dove sono i miei diritti? Cosa potrei mai fare per cambiare la mia situazione? Dovessi non riuscire mai a vincere un concorso, sarà questa la mia vita?
L’autore vuole rimanere anonimo

Io mi sono laureato in ingegneria (5 anni), mi è stato proposto uno stage presso un fondo di investimento molto benestante con sede a Milano. Sono stato sfruttato con un contratto di stage per oltre 10 mesi a orari impensabili (fino alle due, tre di notte, partendo dalle nove del mattino) anche se il mio contratto da stagista non permetteva tutto ciò. Sono stato scaricato solo quando ho detto che soffrivo di burnout (perdevo capelli, acidità di stomaco continua, crisi nervose all’ordine del giorno). Oltre ad essere stato sotto-pagato (3 euro l’ora da laureato magistrale in ingegneria) e sfruttato (lavoravo anche 14 ore al giorno), sono stato cacciato perché a detta dei datori di lavoro gli stagisti devono reggere tale pressione se vogliono essere assunti. Ecco la mia storia. (Ora, per fortuna, ho trovato una società giusta per cui lavorare).
Guglielmo R., Milano

Ho due lauree: in architettura (laurea magistrale, durata 5 anni) e poi ho avuto la possibilità di prendere anche la laurea in ingegneria edile (frequentando i 2 anni di specialistica) sempre presso il Politecnico di Torino. Niente per cui vantarmi, ma per sottolineare il fatto che anche con 2 lauree le condizioni dei lavoratori spesso non cambiano. Prima esperienza lavorativa (tra i 2 corsi di laurea) sottopagata (700/800 euro al mese) e registrata come “prestazione occasionale”. Ma che dire: mi sono accontentata di questo come primo impiego. Seconda esperienza lavorativa: no comment! Aspetto i soldi ancora adesso (dal lontano 2012); tra false promesse e scuse, il mio datore di lavoro si è dileguato. Terza esperienza lavorativa, la più lunga ma anche quella più deludente: 7 anni presso una società di ingegneria, pagata a ore (inizialmente 5 euro a ora, poi lottando come non so cosa sono arrivata agli ultimi 2 anni a prendere 10 euro/h) ma con partita iva. Poi i simpaticoni per risultare “puliti” davanti alla legge (come potevano spiegare ai possibili controlli la nostra presenza a tempo pieno, tutti registrati come liberi professionisti?) ci impongono (ed è il termine perfetto perché ci han detto “o così o cercate altro”) di comprare l’1% della società impegnando 1000 euro e firmando un atto, con la promessa che ci sarebbero stati restituiti nel caso di una futura uscita dalla società. Nel mio caso ho dovuto invocare la possibilità di rivolgermi ad un avvocato per farmi restituire la somma investita (dopo essere stata lasciata a casa da un momento all’altro… ovviamente la partita iva funziona così!) Risultato: totale delusione verso il mondo del lavoro, che con impegno avevo provato a costruirmi con anni di studio. Spero che con tutte queste testimonianze raccolte si possa far luce sulla pessima condizione attuale dei lavoratori, magari rivolgendosi ai “piani più alti”, nella speranza di non essere ignorati.
Paola M., Torino

Sono una donna laureata, ho 44 anni, lavoro per una cooperativa di pulizie. Ho un contratto a tempo determinato, dopo 3 mesi svolti a chiamata. Pagata 6,46 euro lordi a ora, senza rimborsi e con TFR già incluso nella busta paga, che neppure ricevo. Festività non pagate e ogni mese sembrano che facciano gli accrediti dello stipendio a caso. Immancabilmente la cifra è sempre inferiore a quella dovuta e nessuno sa mai darmi una risposta. La Cooperativa ha ricevuto numerose vertenze, ma gli agganci sono tanti.

L’autrice vuole restare anonima

Ho 56 anni, vivo a Napoli. Sono stata una settimana a lavorare presso una villa per eventi con la speranza di essere assunta. Ho lavorato 10 ore al giorno, sabato e domenica inclusi, ci ho rimesso il costo di benzina e autostrada e alla fine mi è stato detto che dovevano far fare la prova anche ad altre persone. Purtroppo siamo tutti sfruttati: una settimana ciascuno e i datori di lavoro si coprono il mese gratis. Poi dicono che non trovano camerieri a causa del reddito di cittadinanza. Fanno bene a non andarci e se tutti noi non accettassimo più simili proposte forse le cose potrebbero cambiare. Fate bene a fare queste inchieste. Basta sfruttamento!
Silvia P., Napoli

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