L’erede e leader de facto del gruppo sudcoreano Samsung, Lee Jae-yong, è stato condannato dalla Corte distrettuale centrale di Seul per uso illegale di stupefacenti, in particolare il propofol, un potente anestetico. Lee, vicepresidente del colosso dell’elettronica, dovrà pagare una multa da 70 milioni di won (circa 60 mila dollari) ma non solo: il giudice, accogliendo tutte le richieste della Procura, ha stabilito anche un’ulteriore confisca di 17 milioni di won per le violazioni della legge sul controllo degli stupefacenti.

A giugno, i pubblici ministeri avevano incriminato il vicepresidente di Samsung Electronics per l’uso del propofol senza che questo gli fosse stato prescritto per trattamenti medici in una clinica di chirurgia plastica a Seul per un totale di 41 occasioni tra gennaio 2015 e maggio 2020. Secondo la legge sudcoreana, il destinatario di una sostanza controllata ritenuta essere stata somministrata illegalmente è perseguibile, così come coloro che l’hanno permesso. L’avvocato di Lee aveva sostenuto che l’uso del propofol era parte di un trattamento ospedaliero e non illegale. Il personale della clinica che glielo aveva somministrato è ora sotto processo in un procedimento separato.

Lee aveva già scontato una pena detentiva in carcere per una condanna a 2 anni e mezzo per un caso di corruzione che coinvolgeva l’ex presidente della Repubblica di Corea, Park Geun-hye. Arrestato il 18 gennaio scorso, è stato rilasciato ad agosto grazie all’intervento presidenziale, il cui Ufficio aveva sollecitato la comprensione pubblica, citando la speranza di un aiuto al Paese per la produzione di “semiconduttori e vaccini”. Dopo il suo rilascio dal carcere, Samsung annunciò che avrebbe investito 240.000 miliardi di won nei prossimi tre anni in campi come chip e biofarmaci. Lee è ancora sotto processo in un’altra inchiesta che lo vede accusato di manipolazione del prezzo delle azioni e frode contabile relativa alla fusione da 8 miliardi di dollari di due società Samsung nel 2015, attraverso la quale consolidò il suo possesso azionario e il suo controllo sul gruppo grazie anche al coinvolgimento di fondi pensione e società pubbliche.

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