Verbale contro verbale e ognuno con la sua versione. La guerra intestina all’interno della procura di Milano si consuma a Brescia davanti ai pm che indagano sul processo per corruzione internazionale che ha visto il Tribunale assolvere in primo grado tutti gli imputati di Eni, sul fascicolo sull’ipotizzato complotto per depistare le indagini e sulle presunte tardive iscrizioni relative alle dichiarazioni dell’avvocato siciliano Piero Amara, ex legale esterno del gruppo petrolifero, e sulla associazione segreta Loggia Ungheria su cui procede la procura di Perugia che ha iscritti Luigi Bisignani e Denis Verdini come anticipato dal Fatto Quotidiano.

Nel registro degli indagati di Brescia sono stati iscritti per tutti questi fascicoli il pm Paolo Storari e l’ex consigliere del Csm, Piercamillo Davigo per rivelazione del segreto d’ufficio, il procuratore capo di Milano, Francesco Greco (per cui è stata già chiesta l’archiviazione dal reato di omissione di atti d’ufficio), gli aggiunti Laura Pedio indagata per omissione e rifiuto di atti d’ufficio e Fabio De Pasquale, il pm Sergio Spadaro per rifiuto di atti d’ufficio. Per questi ultimi due magistrati l’inchiesta è stata chiusa.

Storari a Brescia ha raccontato che Pedio le avrebbe tramite l’aggiunta De Pasquale gli avrebbe fatto sapere che l’indagine sulle dichiarazioni di Amara, doveva “rimanere ferma due anni”. Ma non solo secondo Storari “Pedio e Greco…forse soprattutto Pedio … sono attenti a selezionare e a trasmettere a De Pasquale quello che gli serve nel processo Eni-Nigeria e a non trasmettere quel che lo danneggia”. A questo proposito viene citata una mail con cui De Pasquale riguardo a dei verbali resi da Amara, Vincenzo Armanna – grande accusatore nel processo nigeriano e per il pm milanese un “calunniatore” – e altri nel fascicolo sul complotto, aveva scritto agli stessi Pedio e Storari “mi raccomando…. io le parti evidenziate in giallo le voglio… non fate troppe storie … me le dovete trasmettere“.

In sostanza, ha denunciato Storari – che per altro era contrario alla trasmissione a Brescia della parte del verbale di Amara che gettava discredito sul giudice Marco Tremolada, presidente del collegio del processo Eni-Nigeria, “una operazione chirurgica di selezione delle cose che fanno comodo” a De Pasquale nel dibattimento “gliele passano.. quando invece trovo io la prova della falsità di altre cose” non le passano. Pedio nel rispondere ha spiegato che “Storari cominciò a mandare degli elaborati … anche abbastanza complessi” da lui chiamati “Falsità 1,2,3 … erano sempre cento .. centocinquanta pagine l’uno (…) Molto di difficile lettura (…) a me francamente non era chiaro cosa dovevano depositare i colleghi in dibattimento”.

Dice De Pasquale, rispondendo alle domande dei pm bresciani, secondo quanto riporta La Repubblica: “Eravamo al 19 (febbraio, ndr ), mi metti in mano una polpetta avvelenata, una trappola.. abbiamo detto: cosa significa questa cosa scritta così?”. Il riferimento è alla mail arrivata a ridosso della prevista sentenza (che vedrà assolti i vertici di Eni): “Questa iniziativa era fortemente sospetta.. una trappola». I pm bresciani chiedono perché quegli elementi non siano stati messi a disposizione del tribunale e delle difese. “C’è una norma del codice che dice che il pubblico ministero si assume la responsabilità di quello che fa nel processo.. – dice De Pasquale – . Mi sarebbe sembrato un modo di ridicolizzare la pubblica accusa, e fare degli accertamenti su qualcosa che il tribunale aveva giudicato irrilevante. E perché questi accertamenti li stava già facendo Storari”.

Il procuratore aggiunto De Pasquale, a sua volta, davanti ai pm bresciani ha messo a verbali: “Lui (Storari, ndr ) ha fatto la difesa dell’Eni… ha fatto una cosa che tornava utile alla difesa, punto e basta… in una maniera molto impropria (). Storari non è la misura del diritto, cioè lui non è il codice di procedura penale, non è che uno deve fare quello che dice Storari..”. E sull’attendibilità di Armanna, il pm Spadaro nel suo interrogatorio rivendica come avessero già fatto la tara ad Armanna: “Il suo ruolo per il processo è stato fortemente esaltato dai media, dalla vulgata che ne è venuta fuori.. ma nella realtà è stato limitato.. ridimensionato da quello che è successo nel dibattimento“. Nei giorni scorsi la procura di Perugia ha aggiunto due indagati ai tre già iscritti, tra cui lo stesso Amara, nell’inchiesta sulla loggia: ovvero Luigi Bisignani e Denis Verdini.

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