Basta ascolti ballerini, numeri a caso, ognuno con i suoi parametri e i suoi strumenti. Come quelli di Dazn per esempio, dove nessuno sa davvero quanti tifosi vedono (quanti riescono a vedere bene, è un’altra storia ancora). Un nuovo sistema, unico per tutti i media, vecchi e nuovi, moderni e tradizionali. Soprattutto, indipendente. Lo chiede l’Agcom, l’Autorità garante delle comunicazioni. Lo meritano consumatori e investitori. E adesso lo propone l’Upa (Utenti pubblicità associati), che ha lanciato le sue linee guida per una misurazione delle audience nell’attuale scenario digitale e crossmediale. Una rivoluzione.

Da quando la Serie A è finita nelle mani di Dazn, gli ascolti delle partite del campionato sono diventati una specie di mistero: invece di appoggiarsi all’esperienza trentennale e al ruolo riconosciuto di Auditel, la piattaforma Ott se li calcola e diffonde da sola, col supporto di Nielsen, che però è una società privata e non un ente certificatore. Dunque non c’è nessuna verifica delle cifre. Si tratta solo dell’ultimo episodio, il più famoso, che ha fatto esplodere un problema che si trascinava da tempo, perché poi in Italia quando c’è di mezzo il pallone tutto diventa un caso nazionale.

Il panorama dei media è cambiato, al fianco di quelli tradizionali come le televisioni, ce ne sono e ce ne saranno sempre di più di nuovi. Gli Ott, come Netflix, ma mettiamoci anche Youtube, e poi i siti web, che si affiancano alle radio e tv. Il modo di fruire i contenuti sta cambiando, è già cambiato. E le vecchie tecniche di misurazione, ognuna con i propri parametri, i propri canali, non bastano più. Ci vuole una audience unica: è un’esigenza degli investitori, che devono conoscere numeri veri, attendibili e comparabili, per decidere dove e quanti soldi spendere in pubblicità. Ma è una questione di rispetto anche nei confronti dei consumatori.

Lo scorso giugno – dunque ben prima che esplodesse il caso Dazn – Agcom ha emanato una delibera che chiede di “individuare, da un punto di vista metodologico, metriche univoche da utilizzare per rendere comparabili i dati di consumo riferiti ai vari mezzi”. Ed è in questa direzione che va la proposta di Upa, presentata insieme a Una (Aziende delle comunicazioni unite). La parola chiave è “total audience”, da ottenere con delle metriche omogenee, per tutti i prodotti. Non si parla solo di partite, infatti, ma di video, audio e testi in generale. Dunque non solo televisioni, ma anche Ott, siti, radio, gli stessi giornali dove il digitale rappresenta un segmento complementare (anzi, sempre più dominante) rispetto alla carta. In Italia ormai del resto esistono oltre 130 milioni di device e su ciascuno di questi si consuma un pezzo della fruizione dei contenuti.

L’obiettivo – spiega il presidente di Upa, Lorenzo Sassoli de Bianchi – è arrivare ad “un sistema trasparente e indipendente”. La soluzione è quella di una tecnica di misurazione ibrida: dati censuari (misurazione dei device) più panel a campione per tenere conto del comportamento degli utenti, sempre rispettando la loro privacy. E riconoscendo il ruolo degli “Audi”, con cui infatti dovrà essere avviata la prima fase di discussione. Il punto sarà come realizzare in concreto tutto ciò, visto che anche il presidente di Una, Emanuele Nenna, ritiene “improbabile” la realizzazione di un’unica “Audi”: se rimarranno diversi gli enti certificatori, dovranno essere omogenee le metriche di misurazione.

Si tratta di una grande sfida, anche perché probabilmente non è un caso che fino ad oggi tutti questi ambiti siano stati tenuti separati. Prendiamo ancora il caso dei diritti tv. Dazn, che non ha mai voluto comunicare i suoi abbonati, ha buon gioco a calcolarsi da sola i propri ascolti: oggi può usare i suoi coefficienti per la fetta più o meno rilevante (circa il 30%, secondo le ultime comunicazioni) di tifosi che guardano le partite sul digitale. Lo stesso vale per Tim, che sperava di sbancare col pallone ma fin qui si sarebbe fermata ad appena 500mila nuovi abbonamenti alla sua Timvision. Mentre per i broadcaster tradizionali non avere di mezzo le partite è un vantaggio. Fa comodo a tutti non doversi confrontare sullo stesso terreno, avere un mercato frammentato. Se le torte restano diverse, ognuno potrà reclamarne una fetta più grande. È per questo che ci saranno resistenze. Ma è per questo che non si può più aspettare.

Twitter: @lVendemiale

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