Riconoscere agli addetti contratti analoghi a quelli dei lavoratori subordinati e invertire l’onere di prova in capo alle aziende. Regolare il segmento per evitare la concorrenza sleale agli operatori tradizionali soprattutto a livello fiscale e salariale. Ottenere algoritmi trasparenti specie con riguardo agli orari di lavoro e al trattamento dei dati personali. Sono questi i punti fondamentali della risoluzione votata in seduta plenaria al Parlamento Europeo, un atto con cui l’assemblea invita la Commissione ad affrontare il tema, ormai sempre più delicato, della cosiddetta economia delle piattaforme. La risoluzione è stata approvata con 524 voti a favore, 124 contro e 39 astenuti.

Secondo le stime di Bruxelles, la dimensione della gig economy, altro termine con cui viene spesso indicato questo modello di business, è quasi quintuplicata all’interno dell’Unione, passando da 3 miliardi di euro nel 2016 a circa 14 miliardi nel 2020, di cui tre quarti provenienti dalle piattaforme di trasporto e delivery. Un fenomeno che produce inevitabili ripercussioni anche sul versante dell’occupazione: nell’ultimo quinquennio, la quota di impiegati nel settore rispetto ai lavoratori totali nell’Ue è cresciuta dal 9,5% a circa l’11%, per un totale di 24 milioni di persone. Di queste, l’1,4% (3 milioni) svolge tramite piattaforma il lavoro principale. Ma lo fa sulla base di contratti che spesso non garantiscono le tutele e le condizioni di stipendio minime cui invece può accedere chi viene qualificato come dipendente.

Il Parlamento, nella proposta di risoluzione, chiede tra il resto che si “ponga rimedio all’attuale mancanza di trasparenza (…) garantendo la fornitura di informazioni essenziali sulle condizioni di lavoro e sulle regole di cooperazione, sul metodo di calcolo del prezzo o della tariffa, sull’assegnazione delle mansioni e sulla trasparenza in caso di modifica dei termini, delle condizioni e delle procedure di disattivazione temporanea o permanente, se del caso, che dovrebbe essere preceduta da una consultazione”. Più trasparenza viene auspicata anche nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale “in particolare per quanto concerne la distribuzione dei compiti, i rating e le interazioni, e la fornitura di informazioni comprensibili e aggiornate sul funzionamento dell’algoritmo stesso”.

L’uso degli algoritmi nel lavoro deve essere “trasparente, non discriminatorio, affidabile ed etico per tutti i lavoratori” e “la trasparenza e la non discriminazione algoritmiche dovrebbero applicarsi all’attribuzione e alla distribuzione delle mansioni, alla fissazione dei prezzi, alla pubblicità, ai rating e alle interazioni”. Inoltre “tutte le decisioni algoritmiche devono rispettare il diritto di non essere sottoposti a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato (…) il che significa che deve esserci una sorveglianza umana“. E “le pratiche di incentivazione, ad esempio i bonus eccezionali, o le pratiche punitive, quali i rating che hanno un impatto sull’orario di lavoro e che portano all’assegnazione di meno lavoro, non dovrebbero determinare comportamenti pericolosi o rischi per la salute e la sicurezza, ivi compresa la salute mentale“.

Gli eurodeputati, più in generale, invitano “la Commissione e gli Stati membri a garantire un’adeguata tutela dei diritti e del benessere dei lavoratori, quali la non discriminazione, il rispetto della vita privata, l’autonomia e la dignità umana nell’uso dell’Intelligenza artificiale e della gestione algoritmica, compresi gli strumenti di previsione e segnalazione intesi a prevedere i comportamenti, il monitoraggio in tempo reale dei progressi e delle prestazioni e il software di monitoraggio dei tempi, gli stimoli comportamentali automatici e la sorveglianza indebita“.

Tra le indicazioni c’è quella di incoraggiare l’adozione di programmi e regolamenti interni intesi a creare un ambiente più sicuro per i loro lavoratori e anche “valutare la possibilità di istituire un marchio europeo di qualità che sia concesso, a seguito di un’accurata valutazione d’impatto, alle piattaforme che attuano buone pratiche per i lavoratori delle piattaforme, affinché gli utenti, i lavoratori e i consumatori possano prendere decisioni informate e che metta in evidenza le piattaforme con condizioni di lavoro di qualità sulla base dei contratti collettivi e di un elevato livello di trasparenza”.

“La risoluzione del Parlamento europeo ha una portata storica perché per la prima volta si prende una posizione netta a difesa dei lavoratori delle piattaforme, vittime in tutta Europa di sfruttamento e precarietà basati su indeterminatezza giuridica, salari indecenti e algoritmi opachi e pervasivi”, ha commentato Daniela Rondinelli, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, che contribuito alla stesura presentando 22 emendamenti di cui 19 inclusi nel testo finale. “Auspichiamo che questa nuova direttiva possa assicurare tutele al passo con le trasformazioni del mondo del lavoro e che, insieme a quella su diritto alla disconnessione e sul salario minimo, possa rappresentare l’architrave del nuovo nuovo modello sociale europeo che stiamo contribuendo a costruire”.

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