I talebani annunciano la presa della Valle del Panjshir, l’ultima roccaforte della resistenza al nuovo governo. Lo ha fatto sapere il portavoce talebano Zabihullah Mujahid, annunciando quindi la fine della guerra in Afghanistan. Già ieri la resa dei miliziani oppositori sembrava inevitabile. L’esercito taliban era arrivato fino alla capitale provinciale, Bazarak, prendendo armi e munizioni. La caduta della regione – storico centro di resistenza contro i sovietici negli anni ’80 e poi contro i talebani stessi negli anni 90 – è stata però smentita dai combattenti del Panjshir con un tweet. Il Fronte di resistenza nazionale dell’Afghanistan (NRFA) ha ripreso però con più decisione i tentativi di trattativa interrotti una settimana fa: Ahmad Massoud, figlio dell’eroe nazionale “Leone del Panjshir” e leader del gruppo ribelle, ha dichiarato su Facebook di voler negoziare la fine dei combattimenti.

Con una serie di video su social media, i talebani hanno festeggiato la caduta del capoluogo del Panjshir e hanno invitato chiunque abbia intenzione di continuare a nascondersi sulle montagne a scendere. “Chiunque prenda le armi verrà considerato nemico del Paese e del suo popolo” ha rincarato in una conferenza stampa Zabihullah Mujahid,. L’intenzione sarebbe quella di lavorare per un “Afghanistan stabile, islamico e responsabile”. E gli abitanti della provincia – garantisce il portavoce – non subiranno discriminazioni. Promessa che pare poco rassicurante, alla luce delle ritorsioni a Kabul su chiunque avesse collaborato – a vari livelli – con il mondo occidentale.

Le forze della NRFA però non solo non confermano la resa, ma fanno sapere su Twitter di essere “presenti in tutte le posizioni strategiche della valle per continuare il combattimento”. Nessun colloquio, prima dell’offensiva taliban, è mai andato a buon fine, con le due parti finite a rinfacciarsi a vicenda il fallimento dei negoziati. Il Panjshir sembrava d’altronde imprendibile: è rimasto inviolato durante tutti conflitti che hanno attraversato l’Afghanistan, dagli anni 70, e non da ultimo ai vent’anni di occupazione americana. Nell’ultimo mese è però venuto meno il segreto della resistenza della regione. Le rotte di rifornimento che portano al confine settentrionale sono state sbarrate dai talebani.

Quindi Ahmad Massoud – alla guida dei resti dell’esercito regolare afghano, unità delle forze speciali e combattenti della milizia locali – ha dovuto cedere alle pressioni dei gruppi religiosi e del Consiglio degli Ulema sunniti e tentare riprendere le trattative per raggiungere una pace duratura. “La NRFA in linea di principio accetta di risolvere i problemi attuali e porre fine immediatamente ai combattimenti e continuare i negoziati”, ha dichiarato su Facebook. La condizione però sarebbe un cessate il fuoco da entrambe le parti e di ogni attacco o movimento militare nel Panjshir e nell’Andarab, distretto nella vicina provincia di Baghlan. Per il momento dai talebani non è giunta ancora risposta, anche perché nelle ultime ore i rapporti di forza nella regione si sono rapidamente rovesciati.

Il Fronte di resistenza è stato ulteriormente messo in difficoltà dalla morte della voce ufficiale del gruppo Fahim Dashti. Personalità di spicco dei media locali durante i precedenti governi e consigliere personale di Massoud, era anche lui legato alla storia della resistenza afghana: nipote dell’alto funzionario Abdullah Abdullah, poi deposto dai talebani, è sopravvissuto all’attacco suicida che ha ucciso il padre di Massoud, Ahmad Shah Massoud, il 9 settembre 2001, pochi giorni prima dell’attentato alle Torri Gemelle.

La resa del Panjshir coincide con l’inizio della visita del segretario di Stato americano, Antony Blinken, in Qatar. Lo stato ha infatti accolto 55mila tra i profughi evacuati in aereo dagli Stati Uniti ed è considerato uno degli alleati regionali più stabili, dopo la presa di Kabul dello scorso 15 agosto e la fuga del presidente del governo regolare Ashraf Ghani. Blinken ha in programma di incontrare i profughi e i diplomatici dall’ambasciata Usa, trasferitasi da Kabul a Doha, e tenterà di coinvolgere i qatarioti negli sforzi – che coinvolgono anche la Turchia – per riaprire l’aeroporto ed evacuare gli afghani rimasti. Una delle questioni chiave che gli alleati della Nato discuteranno con i talebani nei colloqui previsti prossimamente in Germania.

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