Negli anni ’90, quando lo conoscevano tutti, non gliene avresti dati molti di meno: eppure oggi compie 62 anni. Stempiatura abbondante e aria non proprio da ragazzino, che però contribuivano in qualche modo a creare il personaggio. Un personaggio chiamato Thomas Ravelli: professione portiere della Svezia negli anni 80 e 90…del Göteborg a dir la verità, per più di 400 partite. Ma Thomas Ravelli da Vimmerby (come Astrid Lindgren) è il portiere della Svezia per antonomasia.

Ravelli, sì, e non Svensson o Nilsson o Andersson. Perché nel sangue di Thomas c’è la Val di Sole, c’è il Trentino, un nonno di Mezzana che si trasferisce in Svezia assieme alla moglie e lì resta, mettendo al mondo un figlio medico, Peter, che presta i suoi servigi anche a una squadra di calcio. Thomas e il fratello gemello Andreas lo accompagnano, ma più della valigetta del papà ai ragazzi piace il pallone. Uno si mette in porta, l’altro al centro della difesa. Entrambi non sono male, ma Thomas ha qualcosa in più: elasticità, prontezza di riflessi e anche parecchio estro, che per un portiere non è affatto male.

Esordisce a soli 17 anni nell’Östers, mandato in campo da uno che coi portieri non era granché tenero, Gunnar Nordhal: non lascerà più la porta, e anzi, arriverà prestissimo a difendere quella della nazionale svedese. Qui mostra subito di non sentire minimamente il richiamo del sangue: nel girone di qualificazione all’Europeo del 1984 c’è proprio l‘Italia, che la Svezia prende a pallonate. E’ vero: sia all’andata che al ritorno gli azzurri giocano malissimo, ma Thomas contribuisce parando di tutto. Finisce 2 a 0 per i gialloblù in Svezia, 3 a 0 sempre per gli scandinavi in Italia: gli azzurri non staccano il pass per gli Europei, i tifosi imparano a conoscere quel portiere sgraziato, pittoresco ma tremendamente efficace.

Già, perché Thomas non si fa grossi problemi stilistici: quel che oggi fa Neuer, uscire di gran carriera e coi piedi sull’attaccante avversario lanciato in corsa, Ravelli lo faceva senza problemi negli anni’80. “Ma quando eravamo sul 3 a 0 o qualcosa in più mi divertivo e facevo divertire i tifosi, ne sentivo il bisogno“, disse. E pensare che nell’Östers, dove milita per 10 anni, fa il doppio lavoro: di mattina rappresentante di spazzole industriali, di pomeriggio gli allenamenti. La vita gli cambia quando passa al Göteborg, dove naturalmente vince tutto quel che c’è da vincere in patria e continua ad accumulare presenze con la sua Svezia.

Va a mondiali di Italia 90, ma la Svezia rimedia tre sconfitte al girone e torna presto a casa. Ha 36 anni suonati quando arriva l’occasione del mondiale negli Stati Uniti: qualcuno in patria mugugna sull’età avanzata, sulla scarsa prontezza di riflessi. Invece sarà proprio Thomas Ravelli a regalare un sogno agli svedesi: dopo aver superato il girone con due pareggi (uno col Brasile di Romario) e una vittoria, gli ottavi sono agevoli. Contro l’Arabia Saudita gli scandinavi si impongono per 3 a 1. Ben altra cosa sono i quarti di finale con la Romania di Hagi e Raducioiu: la partita finisce 2 a 2, con Kennet Anderson che ai supplementari, a cinque minuti dalla fine, dà la possibilità alla Svezia di giocarsela ai rigori.

Qui Thomas è protagonista assoluto: parando un tiro dal dischetto a Raducioiu e quello decisivo a Belodedici, porta la Svezia in semifinale e diventa famoso per le esultanze pittoresche dopo i tiri neutralizzati. Un gol di Romario in semifinale interromperà il sogno di Thomas e compagni che comunque si classificheranno terzi, stravincendo la finale di consolazione contro la Bulgaria per 4 a 0. Sarà l’ultima soddisfazione in nazionale per Ravelli, che continuerà a giocare col suo Göteborg fino al 98, tentando poi l’avventura americana a Tampa Bay e chiudendo la carriera dove aveva iniziato, all’Östers. Oggi compie 62 anni quella che resta un’icona degli ’90: perché ancora oggi a sentir parlare di “Portiere della Svezia” o si pensa a Ravelli, o si è troppo giovani. Auguri Thomas.

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