Una maxi-confisca di beni mobili e immobili dal valore di oltre 460 milioni di euro. La Guardia di finanza di Roma ha eseguito il provvedimento – divenuto definitivo in seguito alla conferma in Cassazione – nei confronti di Mauro Balini, imprenditore ex presidente del porto turistico di Ostia (sul litorale di Roma), arrestato nel 2015 per associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta e al riciclaggio: per gli inquirenti era “il terminale apparentemente legale” degli interessi economici dei gruppi criminali della zona. Lo zio, Vittorio Balini, era un imprenditore dei diritti tv che fu in affari milionari con Silvio Berlusconi negli anni ’90. Nel giugno 2020, Balini jr è stato condannato in primo grado a 5 anni e 6 mesi di carcere: gli approfondimenti economico-patrimoniali sul reticolo societario riconducibile a Balini, anche tramite imprese estere intestate a familiari o prestanome, hanno mostrato la sua disponibilità di beni in misura assolutamente sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati, e la provenienza di parte degli stessi dai reati di cui è accusato.

Le indagini hanno inoltre dimostrato i suoi rapporti con esponenti dei clan Fasciani e Spada, ad alcuni dei quali concedeva – a prezzo irrisorio o addirittura gratis – la gestione di attività presso stabilimenti balneari o la gestione del parcheggio interno allo scalo turistico. Il decreto eseguito giovedì, che determina la definitiva acquisizione dei beni da parte dello Stato, ha ad oggetto la quasi totalità dei beni sequestrati e confiscati in primo grado (rispettivamente nel 2016 e nel 2019): quote societarie, capitale sociale e intero patrimonio aziendale di 13 società; 522 immobili e 28 terreni a Roma, per lo più facenti parte del complesso del porto turistico (che ha continuato ad essere operativo, dal 2016, sotto il controllo di amministratori giudiziari). Infine, sei automobili, crediti societari e disponibilità finanziarie.

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