Lo scorso 30 luglio sul sito del Comune di Roma è stato pubblicato l’aggiornamento della graduatoria per l’accesso ad una casa di edilizia residenziale a canone sociale. Questo aggiornamento riguarda solo le domande presentate al primo semestre 2020.

Dall’aggiornamento della graduatoria apprendiamo che le famiglie con domande ammesse sono 13.896, mentre le domande complessivamente non ammesse, spesso con motivazioni banali, sono 7500.

Quindi dal 2013 al giugno 2020 complessivamente sono state 21.396 le famiglie che hanno presentato domanda e ben il 35% si sono viste rigettare la domanda.

Ma c’è ben altro nel leggere l’aggiornamento della graduatoria. Ce lo spiega Enrico Puccini che ha dato vita all’Osservatorio casa Roma, qui il link che ha analizzato la graduatoria sulla base della consistenza dei nuclei famigliari, unico dato che il Comune di Roma fornisce.

Enrico Puccini ha rilevato che i 13. 896 nuclei in lista rappresentano un totale di 37.636 persone (media 2,7 componenti a nucleo), se la stessa media la rapportiamo alle 7500 famiglie escluse si arriva a un totale di oltre 50.000 persone.

Sul totale delle 13.896 famiglie in graduatoria il 29% sono composte da un componente, il 22% da due componenti; il 20% da tre componenti; il 15% da 4 componenti, il 9% da 5 componenti e il 5% da più di 5 componenti.

Se andiamo a vedere le prime 1000 posizioni in graduatoria, quelle di chi, in teoria, dovrebbero prendere casa per primi, vediamo che il 74% è composto da famiglie con un componente; il 7% da due componenti, l’8% da cinque componenti, il 7% da più di cinque componenti e il restante 4% da famiglie con 3 o 4 componenti.

In realtà il Comune di Roma non assegna le case popolari in base alla graduatoria ma in base alla grandezza degli alloggi di risulta (sgomberati da occupanti, quelli in cui è deceduto l’assegnatario o per consegna chiavi). Così che trattandosi di case costruite 40/50 e più anni fa, si tratta di tagli grandi che sono assegnati ai nuclei famigliari con maggior numero di componenti. Quindi, a Roma, non si assegnano le case popolari in base alla graduatoria in quanto mancano, in particolare, le case di piccolo taglio, quelle necessarie per famiglie composte da uno o due componenti che rappresentano il 51% del totale delle famiglie nella graduatoria

Giustamente l’Osservatorio Casa Roma osserva che la graduatoria del comune rappresenta la “domanda” di case popolari e considerando i tempi in cui tale domanda viene evasa, al massimo 500 alloggi all’anno, questa ad oggi rappresenta la domanda di alloggi pubblici per il prossimo ventennio. Su questa necessità bisognerebbe adattare il patrimonio pubblico e l’attività di pianificazione del Comune almeno per altrettanto tempo.

Enrico Puccini a partire dalla analisi della graduatoria propone di: a) ampliare le classi di assegnazione, 2) frazionare gli alloggi grandi, 3) sperimentare nuove forme di cohousing, iniziative dal carattere strutturale e pluriennale.

Del resto Unione Inquilini di Roma da anni propone instancabilmente alla Regione Lazio e al Comune di Roma di intervenire tenendo conto del fabbisogno reale senza dare vita ad ulteriore consumo di suolo. A Roma come è del tutto evidente servono più case popolari insieme ad una migliore gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica esistente. La graduatoria non dice solo che servono più case popolari ma indica anche quali tipologie: in gran parte piccoli tagli. Si può continuare con poche centinaia di assegnazioni di case popolari a fronte di una domanda così vasta? No ovviamente.

La proposta che viene da Unione Inquilini unitamente a docenti di architettura e di ingegneria delle università romane ma anche urbanisti e associazioni è quella di procedere strutturalmente al riuso del patrimonio pubblico e privato lasciato vuoto, questo consentirebbe interventi che realizzino alloggi con tagli che possono corrispondere alla necessità e dove questo non è possibile procedere all’abbattimento e alla ricostruzione dell’immobile realizzando alloggi dai 45 ai 100 mq. Per fare questo servono due cose: a) che una amministrazione abbia una idea di città; b) che il riuso il non consumo di suolo si coniughino con il fabbisogno reale.

La vera partita delle prossime amministrative si gioca anche su questo versante sulla scelta che l’abitare e la sua qualità entri nell’agenda politica.

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