di Gianluca Pinto

Sembrerebbe che si sia in presenza di una possibile mediazione sulla controriforma Cartabia. Non so se alla fine ciò cui si arriverà sarà sufficiente, se soddisferà la base del Movimento 5 Stelle, se si arriverà a un voto negativo sulla fiducia o se non se ne farà nulla. Il dato politico, tuttavia, c’è ed è che Lei sia in grado di organizzare una posizione e di farla pesare.

Vorrei fare un appello a Lei, professor Giuseppe Conte, riguardo la prossima battaglia che si prospetta: il Reddito di Cittadinanza. Il RdC, come testimoniano numerose fonti (tra cui la Caritas), ha avuto il pregio di tamponare la ferita sociale durante la pandemia e il suo effetto come misura di intervento sul reddito si è notato. Esiste però, anche un altro ruolo fondamentale del RdC che, pur essendo tuttavia sottovalutato e quindi non valorizzato anche a livello di comunicazione, appare evidente: si tratta dello svelamento della contraddizione presente del nostro modello economico, tra sopravvivenza e lavoro. È per assurdo un effetto collaterale – ma in realtà importantissimo – della misura in questione.

Lo si vede nitidamente da quanto emerge nella tesi, costantemente ripetuta, secondo cui in alcuni settori della nostra economia non si trovino lavoratori a causa del RdC che offre danaro “senza contropartita lavorativa”. Si afferma che le persone, avendo a disposizione fino a 780 euro, preferiscano “stare sul divano” – posto che ne abbiano uno – piuttosto che andare a a lavorare. Questo però, ci si dimentica di dirlo, potrebbe essere vero nel caso in cui le condizioni di lavoro di cui si parla fossero senza tutele, magari con spese a carico e/o, per assurdo, con 8-10 ore di impegno giornaliere sottopagate.

Qualora tali condizioni fossero reali, quello che si dovrebbe avere il coraggio di sostenere rispetto all’effetto eventuale (non dimostrato) del RdC sul “lavoro” , è che sia giusto che sia così. Solo in caso di lavori in condizioni umane, con le tutele, pagati decorosamente, si potrebbe discutere la tesi di cui sopra, ma fino a quel momento l’unica cosa certa a oggi è che il RdC fa emergere in modo netto e chiaro la contraddizione esistente tra diritto alla sopravvivenza e lavoro sottopagato posto come ricatto: “o così o niente”.

Questo emerge senza ombra di dubbio nelle discussioni su questo provvedimento. Il RdC diviene, quindi, anche un probabile strumento di emersione a livello di dibattito pubblico di questo problema, e quindi perlomeno un potenziale “ostacolo” allo sfruttamento. Questo ruolo del RdC andrebbe considerato come primario, perché lo scoperchiare il “vaso di Pandora” del mondo del lavoro sottopagato è un valore sociale e democratico al pari e complementare a quello della lotta alla povertà.

Il RdC, oltre ad essere un fattore attivo di giustizia sociale, ha quindi anche questo significato: è un primo timido strumento dato allo Stato per porsi di traverso nella corsa dell’erosione dei salari e dei diritti in nome della competizione sul profitto incessante, ed è uno strumento che permette, senza averlo voluto, di vedere la nudità del Re nel mondo del lavoro.

Non ceda su questo strumento, Presidente, semmai per assurdo proponga di rafforzarlo in quest’ottica. Non molli su questo; cerchiamo di evitare che al detto “Il lavoro nobilita l’uomo” sia definitivamente necessaria l’aggiunta della specifica “… quando e se e solo se lo nobilita”.

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