Da circa trenta anni osservo l’andamento delle piccole imprese del nostro paese e ho collaborato con molti imprenditori-manager (nelle piccole realtà la figura è unica) per prepararli a combattere (evitandola) la guerra dei prezzi e una concorrenza così spietata da indurli, spesso, a dubitare della salute finanziaria della loro azienda, se non della loro stessa sopravvivenza.

Perché, per un piccolo imprenditore, la guerra dei prezzi è estremamente dispendiosa e, talvolta, letale.

“Il mio prodotto/servizio ha una qualità superiore alla concorrenza ma non posso combattere contro i produttori cinesi low cost e contro Amazon e quindi devo venderlo con pochi margini, se non in perdita”, il ritornello della canzone più ascoltata negli ultimi quindici anni, la trappola in cui cadono (quasi) tutti i piccoli imprenditori convinti che la causa sia l’ipercompetizione virulenta.

E’ un falso problema.

La principale causa sta nelle azioni (o non-azioni), nei comportamenti degli imprenditori-manager, nella loro incapacità di innovare, dal rifiuto di accettare trend già in atto ed adeguarsi al cambiamento. Quella trappola è, spesso, predisposta da loro stessi.

Volete un esempio?

Fermiamoci un momento e soffermiamoci sulla realtà quotidiana di tutti coloro che acquistano e consumano oggi, cioè anche di noi. Ti poni il problema di valutare un abbonamento a una pay per view alternativo e non riesci a capire le differenze tra le offerte dei vari operatori sul mercato.

Devi comprare una lavatrice e non riesci a districarti tra la cinquantina di modelli a disposizione in negozio.

Oppure, al contrario, devi acquistare un giocattolo offerto da tanti rivenditori a prezzi leggermente differenti e, ponendoti domande basate sul solito dubbio (“Perché il prezzo è più basso? Saranno prodotti non omologati?”) non sai a chi rivolgerti.

In genere, nell’incapacità di comprendere le vere differenze tra prodotti, si finisce per acquistare in base alla marca o all’ importo allocato per l’acquisto oppure alla immagine di fiducia del rivenditore (Amazon ad esempio).

Il fenomeno è quello della banalizzazione (commodizzazione fa più chic) dei prodotti, cioè del fatto che le caratteristiche degli stessi diventano sempre più simili e sostituibili, e si perde la capacità di comprendere qual è il vero valore dell’oggetto che si va a comprare.

Come farlo percepire al consumatore/cliente di una piccola impresa?

In un mondo che si fa sempre più complesso la competizione la si affronta quasi sempre mettendo semplicemente l’asticella più alta: un numero maggiore di funzionalità, di gadget annessi, di benefici, di esclusività massificate, a un costo magari più basso del prodotto “puro”.

In linea di principio per i consumatori è una buona notizia: si ottiene fondamentalmente di più (magari cose a cui non si aveva mai pensato), pagando uguale o meno oppure poco, pochissimo di più.

In pratica, però, diventa più difficile comprendere il reale valore del prodotto che si vuole comprare. In qualche modo l’essere troppo “coccolati” come consumatori, sollecitare bisogni che sono latenti, l’essere anticipati nei nostri desideri, l’essere spronati ad accelerare il tempo di maturazione delle nostre aspettative, e quindi ad accorciare il tempo in cui godiamo tranquillamente il nostro (ormai vecchio) acquisto, tutto ciò non ci porta felicità.

Il tempo e la diversità sono variabili fondamentali per poter apprezzare la ricchezza di un’esperienza (ancorché di acquisto).

Ma quanti piccoli imprenditori investono in programmi di controllo della customer satisfaction? Quanti di loro calcolano il tasso di ritenzione, il tasso di abbandono o l’anzianità media tendenziale della clientela, tre semplici indici che misurano la fedeltà del cliente? Quanti imprenditori-manager delle piccole realtà “ascoltano”, a cadenze regolari, i loro consumatori per capire i motivi delle scelte-non scelte?

Si tratta di “attrezzi” necessari per il riposizionamento costante, continuo, inevitabile per raggiungere un piccolo vantaggio competitivo. E, contrariamente al pregiudizio della applicabilità solo nelle grandi imprese, si tratta di strumenti alla portata di tutti!

E si ricordi bene che la soddisfazione insita nello shopping è come una vasca di acqua calda: in poco tempo ci si abitua alla temperatura e occorrono costanti ulteriori aggiunte di altra acqua calda, sempre più calda, di altri gadget, di altre coccole, di altri miraggi di acquisto.

E se pensate ancora che solo offrendo il prodotto migliore al prezzo più basso possa bastare per uscire dalla buca della trappola, allora state semplicemente afferrando la vanga più vicina e continuando a scavare.

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