di Simona Carbone

Egregio Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli,
sono un’insegnante italiana e le scrivo questa mail per manifestare un profondo e, credo, condivisibile disorientamento per alcuni meccanismi che stanno stritolando la categoria, ormai da anni, immeritatamente e per motivi diversi.

Per quanto mi riguarda presto servizio con contratti annuali, da ormai circa dieci anni, nella scuola secondaria; il servizio, però, iniziò nella scuola primaria molti anni prima, con contratti saltuari. Nonostante un traguardo faticosamente conquistato, visto il grande desiderio di insegnare una materia che amo molto, sento sulla mia pelle il problema della mancata abilitazione, comune a tantissimi colleghi.

Da anni ormai, stiamo subendo abusi su abusi, ingiustizie dopo ingiustizie, appesi ad un filo. L’ultimo emendamento al Sostegni bis approvato alla Camera (e in attesa di approvazione al Senato, ndr) è stato davvero uno schiaffo morale alla categoria. L’ennesimo, purtroppo! L’amore per il mio lavoro e per la materia che insegno è ciò che ancora mi spinge a proseguire su questa strada che, seppur tortuosa, spero possa un giorno condurmi a coronare il mio sogno. Ma ormai la forza va scemando.

In Italia, Presidente, non è stato possibile abilitarsi a partire il 2013. Tale titolo però è stato requisito indispensabile per accedere ai concorsi (un grande nonsenso). Pertanto, mentre in passato si partecipava agli stessi per ottenere l’abilitazione, da un certo punto in poi la strada è stata sbarrata a chi, contemporaneamente, ancora lavorava nella scuola senza avere la possibilità di collocarsi in graduatorie di merito o di prima fascia.

Perciò, niente concorsi fino all’ultima ecatombe. A novembre in piena pandemia: lo specchietto per le allodole! Una prova dall’impianto pazzesco e tempi strettissimi per ogni risposta, correzioni oggettive e fughe di notizie. Ovviamente, un tale diabolico ingranaggio ha mietuto tante vittime!

La scuola si è sorretta anche grazie a quegli insegnanti che sono usciti umiliati dalla prova; prova che peraltro non testava né le competenze didattiche, né le conoscenze del docente, né competenze umane e comunicative, né le capacità di individuare disagi e gestire i conflitti in classe. Competenze che peraltro si acquisiscono sul campo e fanno l’insegnante a 360 gradi. Quei docenti “accantonati” hanno sorretto la scuola per tanti anni, sono cresciuti e si sono già formati “a scuola”. Sono già insegnanti da anni e anni.

Ora si azzera tutto! Grazie al volere dei nostri rappresentanti che ormai si mostrano ciechi rispetto alla condizione di tanti. La prospettiva? Un nuovo concorso tritacarne e aberrante: irregolarità a non finire! Tante, davvero, solo il pensiero fa venire i brividi! All’eventuale superamento del prossimo concorso (e già sarà un miracolo), è previsto per noi un anno all’Università (costo 5.000 euro a carico dell’insegnante), poi un anno di prova a scuola, ed infine, esame finale, selettivo. Ma anche con idoneità al concorso, in mancanza di posti disponibili, sfuma persino la possibilità di ottenere l’abilitazione. Dopo tanti anni, insomma, la strada è ancora in salita.

Diversamente, chi è appena laureato o con minima esperienza (sicuramente inferiore a tre anni) può accedere al prossimo concorso ordinario e, con una prova orale e una scritta, può ottenere subito il ruolo.
Davvero l’esperienza maturata sul campo, conta, a questo punto, così poco!

Egregio Presidente, di questa condizione i lavoratori non hanno colpa, né ce l’hanno i nostri figli e familiari che ci vedono soffrire da anni per questo continuo rincorrere obiettivi e diritti lavorativi negati; investendo energia, tempo e denaro nello studio, ad oltranza senza sosta. Siamo esausti! Siamo in continua formazione e per questo è ingiusto considerarci insegnanti di serie B!

A settembre torneremo tutti (se riusciremo) a svolgere il nostro lavoro con passione e dedizione, mentre nella stanza dei bottoni si decreta la nostra fine. La scuola ormai, caro Presidente, sembra un colabrodo dove non è la didattica a fare acqua da tutte le parti, ma il buonsenso. Chi già lavora da anni, insegnante lo è già, sarebbe giusto ricordarlo sempre. E’ un sistema sbagliato che ha ingrossato le fila di queste categorie di lavoratori, non la loro incapacità, come i nostri politici sembrano voler dimostrare, con concorsi improbabili e dalle richieste esagerate. Che sia stabilizzazione, crescita professionale (mobilità) o conseguimento dell’abilitazione alla professione, a questo punto poco importa!

L’insegnante si prende cura delle giovani generazioni che rappresentano il futuro di questo paese, ed è forse giusto comprendere che un lavoratore che si sente apprezzato e valorizzato, lavora meglio di un altro continuamente “schiaffeggiato”, in un modo o in un altro.

La scuola italiana vanta pedagogisti eccellenti che hanno lasciato un segno (Don Milani, Maria Montessori); che si sono presi cura degli “esclusi”, dalla scuola e dalla società! Ebbene, il sistema scolastico italiano, negli ultimi decenni, sta facendo l’opposto: sta lasciando indietro proprio quella categoria che della scuola ha fatto un microcosmo inclusivo, dimenticando i loro sforzi, la loro passione, il loro impegno. E’ davvero assurdo tutto questo!

Presidente, in questo meccanismo distorto rimangono incastrate tante cose: in primis la nostra dignità offesa, la serenità, nostra e delle nostre famiglie, la nostra professionalità, mai degnamente riconosciuta e valorizzata. L’ultimo emendamento non sarà la via d’uscita da questo girone infernale, ma sicuramente la strada che porterà ad aumentare la frustrazione di color che, da una vita, son sospesi.

Egregio Presidente, gli italiani sono Campioni d’ Europa ed è stata una gioia grande! E allora l’Italia dovrebbe allinearsi alla normativa europea (direttiva 70 del 1999): dopo tre anni il lavoratore ha maturato già i suoi diritti. Ha diritto ad una condizione lavorativa dignitosa nel suo ordine di scuola. Ha diritto all’abilitazione e alla stabilizzazione. Presidente, abbiamo tempo per correggere quanto deciso con l’emendamento! Ci aiuti lei, per favore!

La scuola è lo specchio di un paese e un sistema ingiusto crea assurde disparità e sofferenze. Tali disparità, credo, in un paese democratico e meritocratico, non solo non dovrebbe esistere, ma dovrebbero essere strenuamente combattute.

Ringraziandola infinitamente per la sua attenzione, le rivolgo un carissimo saluto sperando in un suo positivo intervento, a nome dell’Unione Europea. W l’Italia, w la scuola.

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