Non sono bastate le immagini dell’allevamento in provincia di Cremona infestato da topi e scarafaggi, con all’esterno gatti che mangiano carcasse di maiali ammassate in una fossa a cielo aperto e, all’interno, animali trattati come spazzatura, sottoposti a violenze e pratiche crudeli, con l’allevatore che urina sul pavimento delle sezioni di maternità delle scrofe. A due mesi dal blitz de ilfattoquotidiano.it con la video-inchiesta firmata dalla giornalista Giulia Innocenzi e dalla denuncia della Lega Antivivisezione, per quella querela il pm di Cremona ha chiesto l’archiviazione. Dopo il sopralluogo dei Nas (richiesto dalla stessa Giulia Innocenzi durante il blitz), infatti, sono stati avviati d’ufficio due procedimenti penali, entrambi già conclusi. Solo che il primo, nel quale è stato contestato lo smaltimento illecito di rifiuti (art. 256 del Testo unico ambientale), si è concluso con l’oblazione (il pagamento di una somma di denaro), mentre il secondo filone d’indagine ha portato a un decreto penale di condanna ma per violazione dell’articolo 727 del codice penale (abbandono e detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura). La Lav non ci sta e ora si oppone alla richiesta di archiviazione, convinta che le indagini avviate d’ufficio non abbiano tenuto conto di altre gravi ipotesi di reato, dal maltrattamento di animali al tentativo dell’allevatore di coprire la fossa dell’orrore, pur documentate nella video-inchiesta de ilfattoquotidiano.it e in un estratto delle immagini girate tra da febbraio a settembre 2020 e, ancora, a febbraio 2021, ricevute dall’associazione e depositate insieme alla querela, il 13 aprile scorso.

I RISCHI – Una situazione, quella denunciata, che comportava dei rischi molto seri – avevano spiegato gli esperti – perché avrebbe potuto provocare “l’inquinamento della falda acquifera con la dispersione nell’ambiente di agenti patogeni e che possono essere trasmessi, oltre che da animale ad animale, anche dal suino all’uomo, come nel caso dell’epatite E e della salmonellosi”, mentre gli animali selvatici che si cibavano delle carcasse potevano fungere da amplificatore di queste patologie. Con l’atto di opposizione, presentato dall’avvocato Alessandro Gariglio per conto di Gianluca Felicetti, presidente della Lav, si chiede l’imputazione coatta o la prosecuzione delle indagini sull’allevamento dove i suinetti avevano sulla coscia posteriore il primo timbro che si pone dopo circa 30 giorni e stabilisce l’idoneità dell’animale ad essere utilizzato per prodotti Dop. Dopo quel blitz ilfattoquotidiano.it si è chiesto come fosse possibile che, dietro la carne che finisce sulle nostre tavole, magari anche con la Denominazione di origine protetta, ci potesse essere anche un allevamento del genere, scoprendo un sistema dei controlli pieno di falle, che rischiano di annullare la tutela fornita dalle norme.

LAV: “GRAVI CONDOTTE INDAGATE SOLO IN PARTE” – “Mi sembra grave che davanti a una struttura del genere la procura di Cremona chieda l’archiviazione della nostra denuncia, senza dall’altro lato contestare anche il reato di maltrattamento (articolo 544 ter del codice penale)” spiega a ilfattoquotidiano.it il direttore generale della Lav, Roberto Bennati. Che aggiunge: “Noi comprendiamo che l’economia locale si basa sugli allevamenti, ma questa è un’attività che si può fare senza commettere reati”. Come spiega Lorenza Bianchi, responsabile area Animali negli allevamenti dell’associazione, con l’azione legale si rivendica il ruolo avuto da Lav e Giulia Innocenzi “nella segnalazione di gravi condotte che, allo stato attuale, sono state solo parzialmente indagate. Chiediamo – aggiunge – che ogni ipotesi di reato venga adeguatamente accertata, alla luce della documentazione video fornita”. Nelle immagini, la dura cronaca di quanto accadeva in una sezione “adibita all’allevamento a ciclo chiuso di circa 3mila capi di suini – spiega l’avvocato Gariglio – mentre nella richiesta di archiviazione si parla di 750 maiali” e nella quale sono state rilevate “gravissime violazioni dal punto di vista del maltrattamento animale, dell’inquinamento ambientale e delle norme igienico-sanitarie”. La Lav si riserva di depositare altri due filmati “dai quali emergono ancor più chiaramente i contorni delle condotte di reato”.

LE AMMISSIONI – Ma ci sono anche quelle girate e pubblicate solo in parte per la video-inchiesta firmata da Giulia Innocenzi, in cui l’allevatore ha ammesso diverse violazioni “dacché non si comprende nemmeno per quale ragione il fascicolo sia rimasto iscritto a ignoti” spiega il legale. “Ho chiamato Forestale, 112 e il Servizio Veterinario Ats, contattato nel frattempo anche dal direttore generale della Lav, Roberto Bennati e – racconta Giulia Innocenzi a ilfattoquotidiano.it – dopo oltre tre ore sono arrivati Ats con due veterinari e Nas con cui non ho potuto parlare, ma ai quali ho urlato a distanza che l’allevatore stava cercando di coprire con il terreno la fossa dove erano ammassate le carcasse di maiali”. Da quel giorno nessuno ha più contattato la giornalista: “Mi sembra un paradosso che non sia stato preso in considerazione tutto il materiale raccolto, in parte già reso pubblico, e che si sia voluto escludere dall’indagine chi ha segnalato alle autorità cosa accadeva in quell’allevamento”.

I REATI NELLE IMMAGINI – Sono diversi, secondo la Lav, gli aspetti segnalati “a cui si è deciso di non dare seguito nei procedimenti attivati d’ufficio” ma che indicherebbero la sistematica violazione della normativa di settore di riferimento (dei decreti legislativi 146 del 2001 e 122 del 2011) “e avrebbero portato – spiega Bennati – all’ipotesi di maltrattamento animale e non solo. Perché alle condizioni igieniche del tutto precarie, con spazi infestati da topi e scarafaggi a stretto contatto con gli animali allevati, si aggiunge molto altro”. Nelle immagini, un operatore utilizza ripetutamente il pungolo elettrico su una scrofa malata in maternità, dopo averla percossa. La scrofa il giorno dopo morirà e sarà gettata nella fossa comune. Ma gli animali (anche i suinetti) vengono a più riprese percossi, sollevati per le orecchie e gettati con forza nei cassoni, in alcuni casi cadendo anche al di fuori. E poi ci sono le mutilazioni: il taglio della coda sistematico e routinario in evidente violazione della normativa europea e nazionale che impone di tagliarla solo in caso di estrema necessità. E, comunque, se praticati dopo il settimo giorno di vita, castrazione o mozzamento devono essere effettuati solo da un veterinario, sotto anestesia e con somministrazione prolungata di analgesici. “Quando gliel’ho chiesto – racconta a ilfattoquotidiano.it Giulia Innocenzi – l’allevatore ha ammesso di essere lui l’uomo ripreso a castrare i suini di oltre sette giorni di vita (e anche oltre i 14 giorni, ndr) e di essere la stessa persona che urina sul pavimento della sezione dedicata ai suini in maternità”. Condotte a cui si aggiunge lo smaltimento illegale di liquami nel canale adiacente ai campi coltivati a granoturco e di carcasse lasciate in decomposizione sia all’interno dell’allevamento, a contatto con gli altri maiali (con i corpi dei suinetti lasciati all’interno delle fosse adibite allo stoccaggio dei reflui) sia all’esterno, nella fossa a cielo aperto esposta al contatto con animali selvatici. Il tutto in violazione della disciplina prevista in tema di rifiuti speciali pericolosi e con il rischio di causare focolai di zoonosi.

LE RICHIESTE DELLA LAV – “Non può bastare un’annunciata dismissione progressiva della struttura entro i primi mesi del 2022. In primo luogo – spiega l’avvocato Gariglio – perché da quanto scrive il pm, la dismissione sembra riguardare solo il deposito di mangimi, che non è oggetto della denuncia della Lav. In secondo luogo – aggiunge – perché anche in caso di dismissione, oltre a trascorrere almeno un anno, ciò non farebbe venire meno la responsabilità penale per condotte commesse continuativamente quantomeno dal febbraio 2020 sino all’aprile 2021”. La Lav chiede, dunque “accertamenti sanitari con personale medico veterinario terzo e cure per gli animali malati o feriti, ma anche verifiche sugli aspetti critici documentati nei filmati forniti e sulle cause di morte degli animali”, oltre al sequestro dell’area “per accertare la presenza nel terreno di eventuali ulteriori carcasse o resti di corpi di suini abbandonati”.

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