Assolti perché “il fatto non costituisce reato”. Per la quinta sezione penale del Tribunale di Palermo, il maresciallo dei carabinieri Saverio Masi e il collega Salvatore Fiducia non hanno calunniato né diffamato gli ufficiali dell’Arma Giammarco Sottili, Francesco Gosciu, Michele Miulli, Fabio Ottaviani, Gianluca Valerio, Antonio Nicoletti e Biagio Bertodi. I due militari erano sotto processo – con le accuse di calunnia e diffamazione – per aver denunciato di essere stati ostacolati dai colleghi mentre cercavano di arrestare i super latitanti di Cosa nostra Bernardo Provenzano (morto in carcere nel 2016) e Matteo Messina Denaro (tuttora a piede libero).

“Sono stato sempre convinto dell’onestà, del coraggio e della correttezza del maresciallo Masi”, commenta al fattoquotidiano.it il pm antimafia e consigliere del Csm Nino Di Matteo, di cui Masi è stato storico caposcorta. “Eravamo certi che sarebbe stata una sentenza di assoluzione, perché l’istruzione dibattimentale ha fatto emergere l’innocenza degli imputati: la condotta contestata non costituisce reato, dal momento che i nostri testimoni hanno ampiamente confermato che le indagini non venivano svolte in maniera compiuta“, dichiarano i legali di Masi e Fiducia, Claudia La Barbera e Mario Di Trapani. Nell’udienza del 23 maggio scorso, anche il pubblico ministero Pierangelo Padova aveva concluso chiedendo l’assoluzione.

“A chi attende di veder passare anche il mio cadavere sul fiume – aveva detto Masi a marzo 2018, nel momento del rinvio a giudizio – dico di avere fatto sempre, fino in fondo ed esclusivamente, il mio dovere di carabiniere e di uomo, a differenza di chi oggi non ricorda o non vuole ricordare. Ho sempre dormito sonni tranquilli e continuerà ad essere così, poiché sono fermamente convinto che questo processo sarà un’occasione importante per far luce su fatti molto rilevanti e pagine buie della storia del nostro Paese. Una storia che riguarda tutti noi, una verità che tutti hanno il diritto di conoscere”.

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