In Africa solo l’1% della popolazione è vaccinato, e in molti dovranno aspettare il 2023. A lanciare l’allarme lo scorso 1° luglio è stata la portavoce dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Matshidiso Moeti secondo cui “la velocità e la portata della terza ondata non si sono mai viste prima” e i casi di Covid-19 raddoppiano ogni tre settimane. Solo nell’ultima settimana sono stati segnalati oltre 200mila casi e secondo la portavoce “il continente è sul punto di superare il peggiore momento da quando è iniziata la pandemia”. Tra i paesi dove è più diffusa la circolazione del virus ci sono Sudafrica, Tunisia e Zimbabwe. La portavoce ha affermato, infatti, che dodici paesi ne hanno riportato casi di varianti preoccupanti, mentre in nove la Delta si è diffusa velocemente. Con una diffusione del contagio salita al 17%, anche la minaccia per il continente africano si porta ad un livello “completamente nuovo” ha dichiarato Moeti.

Secondo l’Oms la situazione è preoccupante, sia per l’alto numero di contagi (+52% rispetto alla scorsa settimana), sia per l’impennata dei decessi (+30%). Stando ai dati dell’Oms nel continente africano è arrivato soltanto l’1,5% delle 2,7 miliardi di dosi distribuite nel mondo, con appena l’1% della popolazione immunizzata. In altre parole, mentre l’80% della popolazione mondiale più abbiente ha fatto almeno la prima inoculazione, l’Africa non riceve i vaccini e deve fronteggiare la nuova esplosione della pandemia. Di questo passo, secondo i dati, il 90% dei paesi non sarà in grado di vaccinare neanche il 10% della popolazione entro settembre. A peggiorare il quadro c’è poi anche la questione (ancora da chiarire) della sospensione della proprietà intellettuale dei brevetti sui vaccini.

Ma non è tutto. Molti dei paesi più poveri del mondo dovranno aspettare il 2023 per essere vaccinati. È questa la previsione di un team di ricerca della Carolina del Nord, pubblicata sulla rivista scientifica Nature. Delle fiale promesse dai Paesi più ricchi attraverso il programma delle Nazioni Unite “Covax” (che avrebbe dovuto fornire più di due miliardi di dosi entro la fine del 2021) ne sono arrivate in minima parte e in ritardo. I dati forniti da Nature e dalla banca dati internazionale Our World in Data danno un’idea del divario che si è creato tra i Paesi nella corsa alle vaccinazioni. Per vaccinare il 70% delle persone nel mondo occorrono 11 miliardi di dosi; ad oggi ne sono state somministrate solo 3.2 miliardi, che dovrebbero salire a 6 miliardi entro la fine dell’anno. Ma di queste solo la minima percentuale è arrivata alle nazioni che hanno un reddito medio-basso: il continente africano, per esempio, ha effettuato solamente 53 milioni di somministrazioni.

I Paesi più poveri, insomma, sono stati lasciati indietro nel processo di vaccinazione mondiale. Il programma “Covax”, attraverso il quale i Paesi a reddito alto si erano impegnati a vaccinare il 25% della popolazione mondiale più povera entro la fine dell’anno, ha subito enormi rallentamenti. Tra le altre cause, particolare impatto ha avuto la recrudescenza della pandemia in India, a marzo 2021. Il Paese è infatti il fornitore del 60% del totale delle dosi vaccinali nel mondo, con il suo Serum Institute che produce il composto commercializzato da AstraZeneca e sviluppato dall’università di Oxford. Per fronteggiare la nuova ondata, l’India aveva ordinato il blocco delle esportazioni delle dosi in tutto il mondo, incluse quelle che inizialmente erano destinate a Covax.

Al 2 luglio, delle 2.4 miliardi di dosi acquistate, Covax ne ha spedite solo 95 milioni, ovvero nemmeno la metà. Il mese scorso, i leader del G7 hanno tenuto un summit a Carbis Bay, in Cornovaglia, per rinnovare il loro impegno a fornire dosi extra ai Paesi più poveri. La promessa più grossa è stata fatta da Joe Biden, che ha detto che gli Stati Uniti doneranno altri 500 milioni di dosi di vaccino Pfizer. Buoni propositi anche dal Regno Unito, con 100 milioni di fiale, mentre Francia, Germania e Giappone hanno pianificato una donazione di 30 milioni di unità.

“Promesse molto difficili da mantenere”, secondo il parere di Andrea Taylor, ricercatrice del Duke Global Health Innovation Center di Durham, Carolina del Nord. Taylor e i membri del suo gruppo di ricerca sono molto scettici riguardo l’invio di tante dosi più velocemente di quanto fatto finora. Per questo, i ricercatori hanno stabilito il 2023 come l’anno in cui, con la vaccinazione dei Paesi poveri, tutto il mondo potrà dirsi vaccinato contro il Covid. Per raggiungere il traguardo è fondamentale indirizzare ogni sforzo possibile verso le popolazioni economicamente più fragili. “Le tempistiche sono estremamente importanti” aggiunge Taylor, “le dosi condivise oggi saranno molto più efficaci di quelle inviate tra sei mesi”. I Paesi più ricchi devono accelerare l’invio dei vaccini promessi, non solo per la salute dei più poveri, ma per riuscire a mettere fine a una pandemia che, come dice il nome, riguarda tutti.

La ricerca pubblicata su Nature

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