“I valori che avevo acquistato durante la Resistenza erano tali che sono ancora validi anche oggi”. Piangeva Angelo Del Boca, commosso da questo suo pensiero consegnato a Gad Lerner per il Memoriale digitale della Resistenza, su noipartigiani.it. Storico, giornalista, saggista, partigiano, primo fra gli storici a denunciare i crimini di guerra dell’Italia nelle guerre coloniali volute dal fascismo nel Corno d’Africa e in Libia, in particolare l’uso di gas contro la popolazione civile. Del Boca, il maggiore storico del colonialismo italiano, è morto oggi, a 96 anni. Era nato a Novara nel 1925. L’Anpi ha espresso “profondo dolore“.

Del Boca fu costretto ad arruolarsi nella Repubblica Sociale – lo Staterello fantoccio collaborazionista dei nazisti – per scongiurare l’arresto del padre. Ma appena ci fu l’occasione, dopo essere stato inviato in Germania per l’addestramento e rientrato in Italia, disertò nel pieno della guerra di Resistenza, nell’estate 1944. Entrò, col nome di battaglia Tenente Angelo, in una delle divisioni di Giustizia e Libertà. Racconterà la sua esperienza nella lotta partigiana in vari volumi tra cui La scelta del 1963 e Nella notte ci guidano le stelle del 2015: “Combatto non per la Patria – scrive – ma per rivedere il volto di mia madre”.

Nel dopoguerra, Del Boca si iscrisse al Psiup e iniziò a scrivere libri di memorie e sui giornali (da caporedattore al Lavoratore di Novara, da inviato alla Gazzetta del Popolo e al Giorno che lasciò nel 1981 insieme al Psi. Lasciato il lavoro di giornalista e anche il partito l’attività di Del Boca si concentrò sullo studio del passato coloniale italiano che gli ha permesso di realizzare numerosi libri, denunciando per la prima volta l’utilizzo, da parte italiana, dei gas contro i membri della resistenza e la popolazione dell’Africa. Tra le altre cose è stato professore di storia contemporanea all’università di Torino e insignito di tre lauree honoris causa a Torino, Lucerna e Addis Abeba.

Innumerevoli i libri sul colonialismo italiano. Ma è del 2005 uno dei suoi maggiori successi, Italiani, brava gente? che smonta pezzo per pezzo la fake story, il mito degli italiani “incapaci di crudeltà“. Un lavoro storiografico che, sotto questa prospettiva, ripercorre dal 1861 la soppressione del brigantaggio, i crimini in Libia ed Etiopia, la guerra d’occupazione nei Balcani, il collaborazionismo della Rsi nelle deportazioni che spesso si è tentato di attribuire ai soli nazisti.

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