di Carmelo Sant’Angelo

Alla fine Crono-l’Elevato, per paura di essere detronizzato, divorò i suoi figli. Rea-la base, inorridita e rattristata da un simile comportamento, si rivoltò contro, decidendo di salvare l’ultimo nato, Zeus-premier. Al posto del piccolo, consegnò a Crono un sasso avvolto nelle fasce, che questi, senza alcun indugio, divorò. Zeus, con la pochette nel taschino, crebbe in gran segreto, custodito dalle ninfe dei sondaggi e, una volta adulto, sconfiggerà il padre Crono e lo costringerà a vomitare, nel gruppo misto o in una nuova formazione, i figli ingoiati.

Questa potrebbe essere la trama, sempre secondo il mito.

I Greci, del resto, sono stati dei grandi codificatori dei comportamenti e degli animi umani. Ancora oggi i miti possono essere intesi come dei codici di lettura della nostra realtà e società. Gli stracci che oggi volano in casa del Movimento ci suggeriscono, infatti, che l’attaccamento al potere e l’incapacità di lasciar andare o di trasmettere ciò che si è conquistato e costruito alla generazione successiva dilaniano non solo i nuclei familiari, ma anche i corpi sociali intermedi. Ed è sempre un mito ellenico ad illustrarci il codice genetico del M5S, cioè quello del carro e dell’auriga, tratto dal Fedro di Platone.

Il Movimento è stata la biga trainata da una coppia di cavalli, uno bianco e uno nero: quello bianco (di razza genovese) raffigura la parte dell’anima emozionale e si dirige verso il mondo delle idee immutabili e perfette; quello nero (cioè, la collettività degli elettori) raffigura la parte dell’anima concupiscibile, a cui appartengono bisogni e istinti contingenti, e si dirige verso il mondo sensibile.

I due cavalli sono stati tenuti, a lungo, per le briglie dall’auriga-Casaleggio, che ha rappresentato la ragione, capace di governare i due cavalli riottosi, guidandoli su una rotta certa e sicura. Una volta venuto meno l’auriga, il cavallo bianco ha pensato di poterlo sostituire offrendo il proprio posto ad un altro cavallo purosangue. Quest’ultimo è caduto nell’equivoco che fosse candidato a diventare auriga, in realtà avrebbe dovuto galoppare al posto dell’altro. Svelato l’arcano, ha declinato l’offerta rivendicando le proprie prerogative. Il sedicente auriga, dal canto suo, ha inveito contro l’hybris (la tracotanza) del nuovo arrivato, cacciandolo in malo modo.

Che cosa accadrà adesso a questa biga sbilenca e senza guida? Per un tratto proseguirà il percorso di irrilevanza politica che ha imboccato con il sostegno al governo Draghi, fino a concludere la sua parabola discendente nell’oblio. Inesorabile, così, si perpetuerà la moira, l’eterna fatalità, a cui non potrà sottrarsi neanche il cavallo nero. Gli elettori 5stelle torneranno a non essere rappresentati e molti si ripareranno nell’astensione, nell’attesa che un nuovo auriga li alletti con altra fresca biada.

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