“Ci aspettiamo innanzitutto una assunzione di responsabilità e poi che risarciscano”. È una causa civile da circa 100 milioni di euro quella intentata dai 520 familiari di più di 200 vittime del Covid a Bergamo. La prima udienza si terrà l’8 luglio e a rispondere di quelle morti sono chiamati il ministero della Salute, la presidenza del Consiglio e Regione Lombardia. La battaglia o meglio “la guerra” come la definisce l’avvocata Consuelo Locati, figlia di una delle vittime il papà Vincenzo.
Un faldone di 2.099 pagine di documenti è quindi pronto ad essere depositato presso il Tribunale Civile di Roma. “Si tratta di un lavoro di ricerca certosina – annuncia Locati – che abbiamo messo insieme in maniera ordinata a partire dal piano segreto ai verbali della task force e che evidenzia uno stato protratto di negligenze ed omissioni oltre che di violazioni di legge”. Il team dei legali nei mesi scorsi ha portato alla luce e depositato presso la Procura di Bergamo il rapporto dell’ex ricercatore Francesco Zambon, dando il via all’inchiesta sul piano pandemico. Ed è riuscito a entrare in possesso delle autovalutazioni mandate negli anni sia all’Oms che all’Unione Europea sullo stato della preparazione pandemica. “La causa civile chiama in causa le responsabilità trasversali della politica e delle istituzioni – sottolinea Locati – e chiede che si assumano le proprie responsabilità davanti ai cittadini che erano chiamati a proteggere e tutelare e di cui, invece, hanno violato sia il diritto alla salute che quello alla vita”.
Da tempo il team legale sostiene che nessuno possa dire che non si conosceva la gravità “della situazione epidemiologica perché era stata comunicata a tutti gli esponenti delle istituzioni”, in particolare a livello locale. Sul piano penale prosegue l’indagine dei pm di Bergamo che attendono, a quasi un anno dall’incarico, il deposito della perizia affidata al professor Andrea Crisanti a cui, tra gli altri quesiti, è stato chiesto quali conseguenze ha portato sull’epidemia nella Bergamasca la chiusura di poche ore dell’ospedale di Alzano Lombardo e che secondo le testimonianze non fu sanificato.