Il 20 maggio Singapore ha annunciato l’apertura entro la fine dell’anno del Climate Impact X (CIX), una joint venture tra Development Bank of Singapore, il Singapore Exchange, la Standard Chartered Bank e la Temasek Holdings. Compito del CIX sarà fornire un mercato per lo scambio di crediti di carbonio, una sorta di buoni ecologici che si acquistano e permettono di neutralizzare le emissioni di diossido di carbonio. Singapore sembra particolarmente adatta per questa nuova iniziativa perché ospita molte imprese che da tempo vendono questo tipo di crediti.

Il mercato dei crediti di carbonio è in netta crescita dovunque; facile intuirne il motivo, e cioè l’esplosione dell’economia verde. Tuttavia, è bene precisare che non tutti i crediti sono uguali. Il motivo? Non tutti i crediti catturano il carbonio già presente nell’atmosfera e quindi la “ripuliscono”. Per neutralizzare completamente la produzione di carbonio è infatti necessario che la stessa quantità che viene liberata sia rimossa: ciò avviene aumentando ad esempio il verde nelle zone urbane, applicando trattamenti speciali al terreno o utilizzando la produzione delle biomasse. A Singapore e nel sud est asiatico, soluzioni climatiche naturali come le mangrovie, le zone umide e le foreste assorbono grandi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera.

Questo tipo di credito, che potremmo definire di serie A, non è però quello più diffuso perché più difficile da produrre e anche molto più costoso. I crediti più comuni sono quelli che neutralizzano l’emissione senza la rimozione, ad esempio quelli venduti dalle imprese che producono energia rinnovabile. Come funzionano? Si sostituisce la fonte di energia tradizionale, a carbone o a petrolio ad esempio, con una fonte alternativa come l’energia solare, e parte del risparmio che si ottiene diventa un credito che si può vendere.

Secondo uno studio condotto dalla Commissione europea al momento sono disponibili più di 126 milioni di crediti di energia rinnovabile, ognuno rappresenta un risparmio equivalente di 1 tonnellata di CO2: dall’inizio degli anni 2000 ne sono stati utilizzati circa 191 milioni. Sebbene alcuni siano stati emessi più di dieci anni fa, la maggior parte sono stati generati negli ultimi anni. I due paesi che dal 2016 ne hanno prodotti la maggior parte sono l’India e la Cina, attraverso iniziative di energia rinnovabile. I più grossi acquirenti provengono dall’industria petrolifera e aeronautica.

Tutte le iniziative legate all’energia rinnovabile si finanziano anche attraverso i crediti di carbonio. Per facilitare quelle che lo ricatturano forse bisognerebbe valutare i crediti di serie A più degli altri perché hanno un maggior impatto sul clima.

Un recente studio condotto da ricercatori del NUS Center for Nature-Based Climate Solutions stima che la riforestazione nel sud-est asiatico può contribuire a 3,4 gigatonnellate di riduzione delle emissioni di anidride carbonica all’anno. La riforestazione, insieme alla trasparenza della catena di approvvigionamento e agli standard armonizzati per la compensazione del carbonio, potrebbe tradursi in una fonte immediata di crediti di carbonio.

A tal fine la costituzione del CIX potrebbe migliorare l’ecosistema della finanza climatica all’interno di Singapore e nel resto del mondo ed ampliare la gamma di meccanismi per le aziende per gestire e valutare l’esposizione al carbonio. La strada dell’ecosostenibilità è lunga, ma le iniziative che ce la fanno percorrere più rapidamente iniziano a non essere poche.

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