Dal Veneto alla Sardegna, dall’Abruzzo alla Campania. Dopo gli articoli del Fatto Quotidiano e la videoinchiesta de ilfattoquotidiano.it sulle condizioni e i contratti dei lavoratori stagionali decine di email sono arrivate all’indirizzo redazioneweb@ilfattoquotidiano.it: esperienze personali, aneddoti, suggerimenti. A molti scappa la battuta: lo scoprite ora? Ci sono molte testimonianze in prima persona, ma scrivono anche per interposta persona: genitori, mariti e mogli, fratelli e sorelle, soprattutto, costernati per le condizioni di lavoro dei loro familiari. C’è la moglie di un cuoco che lavora a Napoli che conferma l’abitudine di comporre lo stipendio un po’ in modo regolare e un po’ al nero: “Per un totale di 1700, di che ti lamenti? Del fatto che non ha ferie, permessi, tutele, che lavora come un pazzo ma non può andare a chiedere neanche un mutuo con una busta paga del genere, che non ha diritto a malattia, che non è tutelato da nessuna legge”.

C’è un responsabile di sala che si firma ma non vuole che il suo nome compaia che sgombra il campo dagli equivoci: non si trovano lavoratori stagionali per la crisi? Macché: “I contratti sono sempre stati questi, crisi o non crisi. In pochi si lamentano con Cgil o sindacati (inesistenti nel mondo ristorativo), perché vieni tagliato fuori dal lavoro. Quindi, o bere o affogare“.

E c’è chi dice basta, come un lavoratore che scrive dalla Sardegna che all’ennesimo anno di contratti al ribasso ha deciso di rifiutare: “Mi sono stancato di turni di lavoro massacranti e disumani ed accettarli solamente perché è diventato ‘normale’. Mi sono stancato di dover elemosinare o contrattare quello che mi spetta di diritto, cioè una busta paga giusta ed un inquadramento economico in linea con la mia professionalità. Mi sono stancato di guadagnare quasi meno di quello che guadagnavo 20 anni fa”.

Scrive chi lavora da una vita nel settore turistico, che ammette di non avere mai conosciuto abbastanza quali erano i propri diritti. E la differenza, dice, è proprio questa: “I ragazzi conoscono molto bene i loro diritti (a volte conoscono solo quelli, ma questa è un’altra storia), denunciano queste condizioni di lavoro semplicemente rifiutando di svolgerlo: insomma la domanda non si sottopone più all’offerta. Ormai il veleno del caporalato è circolante nella nostra società e più ti dirigi verso il Sud e più è dilagante. Vi confesso che tutt’oggi non ho il coraggio di denunciare per paura, ho troppo da perdere, non tutti hanno le spalle coperte”.

Ilfattoquotidiano.it ha selezionato queste storie a testimonianza di tutte le altre.

Se volete raccontare la vostra esperienza, scrivete all’indirizzo redazioneweb@ilfattoquotidiano.it, indicando “stagionali” nell’oggetto della mail.

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Altro che stagionale… Mio marito, chef da 3 anni di un ristorante sito in centro a Napoli, conosciuto ed apprezzato, con una busta paga di 800 euro dichiarati fa circa 5 giorni di “lunga” a settimana ovvero 10.30-15.30 e attacca di nuovo alle 18 fino a mezzanotte. In tre anni mai un giorno di malattia e non perché sia mai stato male ma perché senza di lui non si fa nulla, staff sottopagato ed incompetente dato le condizioni che offrono. Ha fatto il vaccino Pfizer qualche settimana fa di sabato mattina e poi è corso al lavoro per fare due giornate consecutive della ‘lunga’ di cui sopra, ed ovviamente in piena notte ha avuto febbre e mal di testa, ma la mattina era tutto passato. Per forza.

Una settimana di ferie il primo anno, due il secondo, vedremo questo. Giorni liberi: uno, a volte due ma per strappare il secondo giorno poi devi farti tutte “lunghe”, che in un mestiere del genere sono distruttive. Al nero prende altri 900 euro. Direte voi: per un totale di 1700, di che ti lamenti? Del fatto che non ha ferie, permessi, tutele, che lavora come un pazzo ma non può andare a chiedere neanche un mutuo con una busta paga del genere, che non ha diritto a malattia, che non è tutelato da nessuna legge.

Anzi è qui che voglio aprire una riflessione: ispettorato del lavoro e qualsiasi altro ente conoscono bene la situazione del “nero”, del sottopagato. Nella loro cucina ci sono 4 persone che lavorano rispettivamente 24 ore settimanali e gli altri 9. Come può un ristorante stare aperto sei giorni? Chi cucina? La cosa peggiore, da denunciare, è la collusione di chi dovrebbe far rispettare i doveri ai datori di lavoro e soprattutto tutelare i diritti dei lavoratori!

Per favore fate clamore su questa vicenda, perché l’unica cosa buona del Covid è stato scoperchiare questo vaso di pandora!

Lettera firmata

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Vi chiedo espressamente di non fare i nostri nomi né di dire dove abitiamo, potremmo averne serie ripercussioni. Dieci anni fa diventiamo finalmente genitori ma dalla felicità all’incubo il passo è breve. Sono un piccolo artigiano e fatturo tutto non solo per quella “stupida” visione etica che mi rende, di fatto, un disadattato, ma perché vorrei avere una pensione che, a conti fatti, non avrò mai.

Per riuscire ad arrivare a fine mese c’è bisogno che lei trovi un lavoro, magari stagionale, così gli unici parenti, i nonni, possono accudire nostra figlia durante il giorno. Abitiamo in una zona turistica. Al di là del fatto che anche per la pulizia dei bagni si richiede esperienza pregressa mia moglie trova un lavoro. Aiuto-cuoca e lavapiatti. Paga: 25 euro (venticinque euro!) al giorno per dieci ore di lavoro, dalle 8 del mattino alle 22, 7 giorni su 7. Due euro e cinquanta l’ora. Il costo del diesel giornaliero, andata e ritorno per quattro volte al giorno (almeno mangia con nostra figlia) è di 5 euro. Guadagno totale 20 euro al giorno, ovviamente tutto al nero! Nelle tre ore di stacco affari suoi. Può riposarsi come le pare, magari sedendo in macchina sotto il solleone o consumare in un bar.

Il primo giorno uscendo dalla cucina alla fine del primo turno trova a pranzo la pattuglia dei carabinieri, la sera trova a cena quella della guardia di finanza. Alla fine del terzo giorno le chiedo di lasciare. Oltre alla dimensione schiavista la beffa di vedere le forze dell’ordine che probabilmente non sanno quello che succede, consumare a quei tavoli, è troppo. Meglio tirare avanti a denti stretti illudendoci di poter avere ancora fiducia nello Stato.

Lettera firmata

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La realtà è che queste offerte non succedono solo agli stagionali, ma anche a quelli che hanno un contratto a tempo indeterminato, la situazione nella ristorazione, bar compresi è questa, se vuoi lavorare devi adattarti ad un contratto misero e qualcosa fuori busta. Lavorando nei ristoranti riesci a tirare su qualche soldo anche con un contratto part-time, ma parliamo comunque di cifre irrisorie per il lavoro svolto, anche in turno serale che dovrebbe essere maggiorato, non viene retribuito come dovrebbe.

Per quanto riguarda i bar non ne parliamo, molti posti, assumono con contratti di due ore, per poi fartene fare otto, con una busta di ottocento euro e se provi a fare malattia ti fanno sentire anche in colpa. La colpa è anche degli improvvisati, quelli che fanno questo lavoro per fare qualche soldo, e quelli che invece lo fanno di professione, si ritrovano in una guerra al ribasso per poter lavorare.

Una persona con diploma alberghiero e sommelier, per molti posti, conta quasi come un ragazzino che lo fa per pochi soldi, perché, la frase che sentiamo di continuo su questo lavoro è:
Che ci vorrà mai a fare il cameriere?” oppure “Se perdo il lavoro, farò il cameriere”. Professione sminuita su tanti fronti.

Purtroppo, la situazione è questa, si, sarà per un problema di tasse troppo alte che ogni commerciante si trova a pagare, sarà la crisi, ma alla fine, io, che lavoro da 20 anni nella ristorazione, i contratti sono sempre stati questi, crisi o non crisi. In pochi si lamentano con Cgil o sindacati (inesistenti nel mondo ristorativo), perché vieni tagliato fuori dal lavoro. Quindi, o bere o affogare.

In tutta onestà, mi dispiace per questi “ragazzi” che preferiscono gli ottocento euro per stare sul divano, perché non lavorando non andranno neanche mai in pensione, però è anche vero che continuando cosi, finiremo per lavorare gratis.

Responsabile di sala
Lettera firmata

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Io lavoro come cuoco. In 20 anni ho avuto esperienze in ristoranti, alberghi, resort e villaggi, sia in Italia che all’estero, ed ho investito tempo e sudore per cercare di diventare un professionista. In cucina ho fatto praticamente tutto (tranne il pasticcere). Anni fa ho deciso di restare nella mia terra (la Sardegna) per sfruttare le mie esperienze. Però quest’anno ho deciso di lasciare stare e cambiare lavoro. Basta.

Mi sono stancato di mandare il curriculum a persone che ti chiamano per il colloquio e poi quando sei davanti a loro non sanno nemmeno chi si trovano davanti. Perché? Perché non hanno letto nemmeno una riga del tuo CV. Mi sono stancato di turni di lavoro massacranti e disumani (dalle 10 alle 14 ore al giorno) ed accettarli solamente perché è diventato “normale”. Mi sono stancato di dover elemosinare o contrattare quello che mi spetta di diritto, cioè una busta paga giusta ed un inquadramento economico in linea con la mia professionalità. Mi sono stancato di guadagnare quasi meno di quello che guadagnavo 20 anni fa. Basta.

Tanto si trova comunque la manodopera a basso costo tra romeni, bengalesi e altri che pur senza alcuna esperienza si piegano a lavorare per 800 euro al mese. Sono i nuovi schiavi della globalizzazione, dove le aziende massimizzano le entrate tagliando sul personale, che oramai è diventato solamente un costo e non una risorsa.

Paolo

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Sono una lavoratrice del settore turistico da oltre trent’anni , con una piccola parentesi da imprenditrice sempre nello stesso settore. Premetto di essermi diplomata con ottimi voti in ragioneria ed ho effettuato un tirocinio di due anni presso uno studio commerciale, mentre ero all’università. (Laurea mai conseguita). La mia gavetta ha avuto inizio alla tenera età di 14 anni, ora ne ho 48, in un albergo della splendida località di Scanno (L’Aquila).

Nonostante lavorassi 7 giorni su 7 per 15 ore giornaliere, avevo un entusiasmo che arrivava oltre le stelle: avevo fame di indipendenza e la mia spiccata sete di conoscenza mi ha fatto innamorare di questo lavoro. All’epoca non avevo assolutamente idea di quelli che fossero i miei diritti: i miei genitori, no in realtà mia madre, è stata, ma lo è tutt’ora, una sergente di ferro e ci ha cresciuti sbattendoci in faccia solo ed esclusivamente i nostri doveri, insomma nella vita ho ricevuto, da lei, solo dinieghi.

Tornando al mio primo lavoro stagionale, fu contrattualizzato, sì avete capito bene all’epoca era legale lavorare a 14 anni, come apprendistato, ma naturalmente non vidi mai un tutore, non feci mai nemmeno 5 minuti di teoria, svolsi, quotidianamente, lavoro notturno e rischiai di addormentarmi su una pressa da stiro in un occasione in cui non mi fecero staccare mai. Svolsi, inoltre, dei turni senza fine che iniziavano all’alba della vigilia di Natale e finivano la notte del 25, stessa storia per il Capodanno! Tutto questo per ricevere 900mila per 15 giorni di lavoro, naturalmente oltre al vitto e l’alloggio.

Oggi che fortunatamente le sergenti di ferro sono in via di estinzione, i ragazzi conoscono molto bene i loro diritti (a volte conoscono solo quelli, ma questa è un’altra storia), denunciano queste condizioni di lavoro semplicemente rifiutando di svolgerlo: insomma la domanda non si sottopone più all’offerta. Ormai il veleno del caporalato è circolante nella nostra società e più ti dirigi verso il Sud e più è dilagante. Vi confesso che tutt’oggi non ho il coraggio di denunciare per paura, ho troppo da perdere, non tutti hanno le spalle coperte.

E i sindacati? Beh loro conoscono benissimo la situazione di questo settore disgraziato, ma non hanno mai smosso una foglia per noi, si presentano solo ad incassare le somme dovute per le conciliazioni tombali invece di combatterle fino allo stremo.

Purtroppo a me non restano che le cicatrici sulla pelle e nelle ossa: vai a lavorare lo stesso se ti ustioni o se sei sotto l’effetto delle infiltrazioni di cortisone, a causa del lavoro logorante che fai. D’altro canto spero sempre che tutti noi della categoria, perché l’unione fa la forza, uniti e solidali, un giorno incrociassimo le braccia proprio ad agosto, a Natale, Capodanno e a Pasqua che i nostri clienti, sì proprio così nostri, perché è per noi che tornano, siano lì ad appoggiarci. Utopia? La speranza sarà sempre l’ultima a morire.

Lo scorrere degli anni e quindi le esperienze acquisite mi hanno portato a non credere più né nella politica, lontana dai bisogni reali delle categorie dei lavoratori in quanto pensa solo alle lotte di casta; né tantomeno nei sindacati che mangiano le briciole dei politici e li assecondano: è interesse comune che il lavoro sommerso e i disagi sociali che questo comporta rimangano tali. D’ALTRONDE NON TOCCATECI LE VACANZE E IL TEMPO LIBERO!

Elisabetta

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Magari 1200 euro al mese, esperienza personale: contratto due giorni a settimana part time a chiamata, 1200 euro per due mesi perché alla prima esperienza dietro al bancone, 7 giorni su 7 dalle 9 alle 12 ore di lavoro, colazione pranzo o cena se volevo qualcosa dovevo pagarla, sapevano in anticipo dei controlli e mandavano a farmi un giro fuori così non rischiavano, fosse successo qualcosa non so a che santo mi sarei dovuto rivolgere. Il tutto in uno dei lidi più frequentati qui nella zona in Abruzzo.

Lettera firmata

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