L’inflazione a maggio negli Stati Uniti è salita dello 0,6% rispetto ad aprile, oltre le attese degli analisti che scommettevano su un aumento dello 0,5%. Su base annua i prezzi al consumo sono cresciuti del 5%, anche in questo caso sopra il 4,7% su cui scommetteva il mercato. L’aumento dell’inflazione al 5% è il maggiore dal 2008. L’indice core dei prezzi al consumo, quello al netto di energia e alimentari e monitorato dalla Fed, è salito dello 0,7% su aprile, oltre il +0,5% previsto degli analisti, mentre su base annua è aumentato del 3,8% a fronte del 3,5% atteso dal mercato. Si tratta del valore più elevato da oltre 30 anni.

L’inflazione è osservata speciale da parte delle banche centrali. La ripresa dell’economia e il combinato disposto di politiche monetarie ultra espansive e sostegni pubblici all’economia rischiano infatti di surriscaldare i prezzi al consumo. Se così accadesse le banche centrali sarebbero costrette a stringere i cordoni della borsa causando possibili rallentamenti della crescita economica. Dopo la diffusione del dato le quotazioni dei titoli di Stato Usa hanno virato al ribasso. I bond offrono infatti un rendimento fisso in valore assoluto che diventa via via meno appetibile se l’aumento generale dei prezzi nel riduce il valore reale.

Lo scorso 6 giugno la segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen ha detto che il piano di spesa da 4mila miliardi del presidente Joe Biden sarebbe buono per gli Stati Uniti, anche con un aumento dell’inflazione e tassi di interesse più elevati. “Se finissimo con un tasso di interesse leggermente più alto sarebbe in realtà un vantaggio per la società e per la Fed”, ha detto la Yellen. “Abbiamo combattuto l’inflazione troppo bassa e i tassi troppo bassi ora per un decennio” “e se questo aiuta un pò, allora non è una brutta cosa , ma una buona cosa.”

I numeri dell’inflazione preoccupano al momento più negli Usa che in Europa. Tuttavia anche nel Vecchio Continente si è registrato un risveglio dei prezzi al consumo, soprattutto in Germania. Oggi la Banca centrale europea ha alzato le stime d’inflazione per il 2021 e 2022. Secondo Francoforte le spinte sui prezzi sono legate a fattori temporanei e tenderanno a rientrare. Le nuove stime danno un tasso d’inflazione a 1,9% per il 2021, 1,5% per il 2022 e 1,4% per il 2023. Le stime di marzo indicavano un’inflazione all’1,5% nel 2021, con un picco al 2% nell’ultimo trimestre, prima di rallentare a 1,2% nel 2022 e poi riaccelerare all’1,4% nel 2023. “Siamo lontani dall’obiettivo di un’inflazione vicina, ma inferiore al 2%: siamo vicini, ma ancora non ci siamo”, ha detto la presidente della Bce Christine Lagarde. La Bce ha rivisto in meglio le sue previsioni di crescita per l’Eurozona nel 2021 e 2022, rispettivamente a +4,6% e +4,7%, mantenendo il 2023 a +2,1%.

Lagarde ha anche osservato che il rialzo dei tassi di mercato sui titoli di Stato ha dato qualche segnale del rischio di trascinarsi sui tassi dei prestiti alle imprese, “abbiamo visto una leggera stretta” che merita di essere monitorata. “Qualsiasi discussione sull’uscita dal Pepp (il programma di acquisti di titoli per l’emergenza pandemica, ndr) è prematura” e nel consiglio della Bce non se ne è parlato, ha aggiunto Christine Lagarde confermando poi che “La ripresa economica accelererà nel secondo trimestre e l’inflazione sta risalendo, principalmente a causa di fattori temporanei. Per questo, in questo momento “una stretta sarebbe prematura e creerebbe dei rischi”.

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