Pur di esserci alla Grande Ouverture galleristi e artisti si fanno la quarantena quando sbarcano in Italia. E’ tra i più influenti galleristi al mondo Thomas Dane, due gallerie Londra e Napoli e consulente di collezionisti miliardari. Era importante come segnale che lui ci fosse all’apertura della Thomas Dane Gallery la più bella del reame, con sede nella villa neo/classica con veranda liberty spalancata sul golfo. E visto che è stata anche la residenza del filosofo Benedetto Croce l’allure di luogo d’intelletto chic gli è rimasta addosso. Thomas, venendo dall’Inghilterra, come effetto immediato Brexit, si becca doppia quarantena: in entrata e in uscita, anche se in possesso di passaporto vaccinale.
A fare gli onori di vernissage la sempre “graceful” Federica Sheenan, italo-americana cresciuta a New York, visto che è sposata con il direttore de Il Mattino di Napoli Federico Monga, si risparmia le misure restrittive anti-pandemia. Ormai superate.
Comunque, mondanità distanziata e flute di bollicine per l’artista Luisa Lambri che esalta particolari degli affreschi di Pompei e li alterna con elementi architettonici di Giò Ponti: praticamente due leggende a confronto.
Più laborioso il viaggio da Los Angeles Catherine Opie direzione Napoli: volo covid free, tamponi a gogò prima d’imbarcarsi e doppia quarantena. Ne valeva la pena era una delle artiste di punta della mostra eclettica/pop, ‘Los Angeles (State of Mind)’, alle Gallerie d’Italia nel monumentale Palazzo Zevallos Stigliano di Via Toledo.
Ribalta il mondo di lato e tutto quello che non è fissato finirà a Los Angeles. Questa definizione di Frank Lloyd Wright, forse, è quella che rappresenta meglio la “Città degli angeli”. Un coinvolgente percorso di 36 opere provenienti da gallerie e collezioni private ci raccontano LA attraverso diverse generazioni di artisti che hanno contribuito a rendere Los Angeles perno fondamentale nell’universo dell’arte contemporanea. Forse, più di New York.
L’unione fa la forza (artistica). Si comincia dalla scultura The dog from Pompei in fibra di vetro di Allan McCollum ricavato dal calco originale del “cane incatenato” conservato al Museo del Vesuvio e trasformato in un simbolo di cultura di massa. In vetro di Murano e plastica “Le Chairs Blue” di Rita McBride. Si continua con la videoarte di Gary Hill (artista rappresentato da Lia Rumma).
Jim Isermann dà la sua interpretazione al cubo di rubik su dimensione più grande. Mentre l’artista napoletano Piero Golia che vive a Los Angeles da quindici anni (rappresentato dalla Galleria Fonti) propone un tappeto con una freccia spruzzata di vernice che indica la direzione per raggiungere casa sua. Nel caso smarrisse la via.
Frida Khalao è al Pan, Palazzo delle Arti, con un’altra mostra evento. “Ojos que no ven corazón que no siente”. Una che riuscì a conciliare il talento con la malattia, le sue battaglie pubbliche con quelle private, un marito Diego Rivera, anche lui artista e traditore seriale, che ebbe una storia anche con la sorella, ma che amò pazzamente e lo sposò due volte. Una mostra multimediale che indaga tutte le fasi della vita dell’artista, segnata irrimediabilmente da un incidente che la costrinse, diciottenne, all’immobilità a letto e allora si fece posizionare uno specchio sul baldacchino del letto, pennello in mano, incominciò la sua serie di autoritratti. Poi esplode la sua ribellione e si veste da uomo, fino all’incontro con Rivera, fino alla sua sfortunata morte. Fino al 11 luglio.
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