Il segretario al Tesoro Usa Janet Yellen l’ha definita “una manovra al passo coi tempi” perché per affrontare le sfide globali di oggi, soprattutto dopo le ferite inferte da una pandemia senza precedenti nell’era moderna, “non possiamo continuare ad agire come se fossimo nel 2010”. Il commento – e soprattutto l’incitamento a osare rivolto al Congresso, dove i repubblicani sono già sul piede di guerra – è alla proposta del presidente americano Joe Biden che, anticipa il New York Times, si appresta a presentare domani una manovra da 6mila miliardi di dollari, pronta ad entrare nella storia perché propone una spesa pubblica federale mai così elevata dai tempi della Seconda guerra mondiale. Un bilancio monstre che nelle intenzioni del presidente statunitense deve servire non solo a tirare fuori l’America dalle sabbie mobili della crisi, ma a combattere il rischio reale di un declino economico e sociale. E a ricostruire da cima a fondo un Paese che vuole mantenere la sua leadership mondiale e vincere la corsa per la competizione con la Cina.

Biden con la sua prima finanziaria vuole imprimere un cambio di marcia senza precedenti rispetto agli ultimi decenni, a suo modo con l’obiettivo di fare di nuovo grande l’America come recita lo slogan simbolo del predecessore. Ma le differenze con Donald Trump sono enormi. A partire dalla copertura finanziaria prevista per sostenere la maxi manovra del nuovo inquilino della Casa Bianca: quell’aumento delle tasse soprattutto per le grandi società e gli americani più ricchi che tante resistenze incontra anche tra i democratici.

La previsione è di rastrellare così tante entrate fiscali come non accadeva dai tempi del secondo mandato di Bill Clinton, rafforzando anche la lotta all’evasione e all’elusione fiscale. Soldi con cui Biden intende portare avanti il suo American Jobs Plan da oltre 4 mila miliardi di dollari, le cui due gambe sono il piano per l’ammodernamento delle infrastrutture e quello per le famiglie. Dunque investimenti per strade, ponti, reti idriche, banda larga, auto elettriche, ricerca. Ma anche asili, scuole, sanità, assistenza sociale, congedi parentali o per malattia retribuiti a livello nazionale. Continueranno ad aumentare anche le spese del Pentagono, ma ad un ritmo inferiore rispetto al passato.

Tutto ciò costerà un aumento del deficit federale che arriverà a 1.800 miliardi di dollari nel 2022, nonostante il rimbalzo dell’economia e una ripresa che per l’amministrazione Usa sarà la più veloce mai registrata dagli anni ’80. A lievitare a livelli che riportano all’era della Seconda guerra sarà anche il debito pubblico, che nelle previsioni sfonderà il tetto del 117%. Se ci saranno da convincere e non poco i repubblicani, Wall Street al momento sembra reagire positivamente, anche sulla scia dei buoni dati sull’andamento del Pil e dell’occupazione. Intanto proprio i repubblicani hanno presentato un contro piano da 920 miliardi di dollari sulle infrastrutture. Piano già bocciato dalla Casa Bianca.

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