“Nell’autunno del 2019 tre virologi cinesi si erano ammalati a Wuhan e avevano sintomi da Covid o da influenza”. È quanto si legge in un dossier dei servizi segreti Usa redatto “negli ultimi giorni dell’amministrazione Trump” e che riporta in primo piano l’urgenza di una inchiesta completa” sull’ipotesi che “il virus” responsabile di Covid-19 “possa essere uscito dal laboratorio”. Il documento, inizialmente secretato, è stato pubblicato in esclusiva dal Wall Street Journal ed è stato bollato come “non veritiero” dal portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian, secondo cui gli Usa devono smetterla con le teorie del complotto, come quello secondo cui il coronavirus è fuggito dal laboratorio di Wuhan. La struttura, a sua volta, ha negato qualsiasi responsabilità o coinvolgimento. A rilanciare i sospetti, però, è stato anche Anthony Fauci, direttore dell’Istituto nazionale di malattie infettive e consigliere della Casa Bianca sul Covid. Quando gli è stato chiesto se il virus fosse stato originato naturalmente, lo scienziato ha risposto: “Non ne sono convinto, penso che dovremmo indagare su ciò che è successo in Cina. Certamente – ha aggiunto – le persone che stanno indagando sostengono che l’emergenza nasca da un animale che ha contagiato gli individui, ma potrebbe essere stato qualcos’altro e noi abbiamo bisogno di scoprirlo. Per questo sono assolutamente a favore di un’indagine”.

Il dossier dell’intelligence – Secondo il report, “diversi ricercatori del laboratorio, un centro per lo studio dei coronavirus e altri patogeni, si sono ammalati nell’autunno 2019 ‘con sintomi coerenti sia con il Covid-19 che una comune infezione stagionale'” e hanno avuto bisogno di assistenza ospedaliera. I dettagli relativi al “numero di ricercatori, il periodo di malattia e le visite” a cui si sono sottoposti “in ospedale arrivano alla vigilia di un meeting dell’Organizzazione mondiale della sanità, che dovrebbe discutere la prossima fase di un’indagine sulle origini del Covid-19“. Nell’articolo del quotidiano finanziario si sottolinea che, negli ambienti dell’intelligence, non c’è una posizione unanime relativa all’affidabilità del report. Una persona, in particolare, ha riferito che il documento sarebbe stato fornito da un partner internazionale: sarebbe “potenzialmente significativo – si legge sul giornale – ma sarebbero necessarie ulteriori verifiche e conferme supplementari”. Per un altro soggetto interpellato, il documento è “solido”. “L’informazione ottenuta da fonti diverse era di qualità eccelsa, molto precisa. Non diceva in maniera esatta di cosa si siano ammalati”, in riferimento ai ricercatori.

La reazione della Cina – Anziché continuare a mettere nel mirino la Cina sulle origini di Covid-19, secondo Pechino dovrebbe piuttosto essere messa sotto indagine una base militare nello stato americano del Maryland. “C’è il sospetto circa le attività a Fort Detrick e gli oltre 200 biolab gestiti dagli Stati Uniti – ha aggiunto Zhao -. Ci auguriamo che i dipartimenti statunitensi competenti possano fare chiarezza e dare al mondo una risposta chiara”. Il portavoce del ministro degli Esteri cinese ha poi insinuato ancora: “Qual è il vero scopo per cui gli Stati Uniti continuano a riprodurre la cosiddetta ‘teoria della fuoriuscita di laboratorio’? Si preoccupano davvero della tracciabilità dell’origine del virus o vogliono solo distogliere l’attenzione? Ci auguriamo che i servizi competenti negli Stati Uniti facciano un chiarimento e lo spieghino al mondo il prima possibile”. E ha concluso: “L’Istituto di virologia di Wuhan non è stato esposto a Covid-19 prima del 30 dicembre 2019 e finora è stato mantenuto un record di ‘infezione zerò tra il suo staff e gli studenti laureati. Pertanto, le notizie secondo cui tre persone dell’Istituto si sarebbero ammalate è totalmente falso”.

Il primo caso ufficiale a Wuhan – Risale al dicembre 2019: un uomo mostrava i sintomi di una polmonite anomala che soltanto il 24 gennaio 2020, sulla base di un’analisi retrospettiva, la rivista The Lancet individuava come il primo caso di una malattia che non aveva ancora un nome e per la quale non si riscontrava alcun legame epidemiologico

La “fuga” dal laboratorio e l’ospite intermedio: le ipotesi sulla contaminazione – Il tema dell’origine del virus è nel mirino della comunità internazionale sin dallo scoppio della pandemia. A febbraio si è svolta anche la missione degli esperti Oms a Wuhan, sempre affiancati da colleghi cinesi, che non è riuscita a chiarire da dove si sia originato il virus, ma ha bollato la sua eventuale fuoriuscita dall’Istituto di virologia come “estremamente improbabile” e “scenario da film”, salvo poi correggere il tiro tre giorni dopo specificando che “tutte le ipotesi rimangono aperte e saranno oggetto di ulteriori analisi”. È infatti emerso che la Cina si è “rifiutata di fornire dati chiave“. Gli ispettori dell’Oms sono giunti alla conclusione che Covid-19 sia probabilmente di origine animale, e che la contaminazione all’uomo si arrivata tramite un “ospite intermedio”, ma non si sa ancora quale. Lo stesso direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato dopo la missione che non era stata analizzata adeguatamente la possibilità di un incidente di laboratorio, aggiungendo che era pronto a dispiegare risorse aggiuntive. Motivi per cui 18 scienziati hanno pubblicato su Science una lettera in cui affermano che l’ipotesi della trasmissione animale non è ancora l’unica da considerare attendibile. “Dobbiamo prendere sul serio le ipotesi relative alla propagazione naturale e in laboratorio – dicono -, fino a che non si disponga di dati sufficienti“.

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