Chissà se Platone e Aristotele pensavano anche ai bambini più piccoli quando scrivevano di filosofia. Ciò che è certo, almeno secondo il professor Luca Mori, è che le grandi domande possono essere fatte anche con i bambini della scuola dell’infanzia. Mori non ha dubbi e lo spiega con tanto di pratiche proposte nel libro Meraviglie filosofiche. Esperienze e conversazioni fuori dal comune alla scuola dell’infanzia, pubblicato dalla Erickson.

Il professore che ha compiuto un viaggio di oltre diecimila chilometri per proporre l’esperimento mentale dell’utopia a bambini tra i cinque e gli undici anni, spiega che “ci sono storie ed esperienze che fin dalla scuola dell’infanzia permettono di fare conversazioni cariche di meraviglia e di una tensione filosofica che le rende indifferenti da altri tipi di dialoghi”.

Nessuno, tuttavia, pensi che siamo di fronte ad un testo di pura teoria, perché Mori offre spunti per fare lezioni grazie a frammenti di antichi filosofi, esperimenti mentali classici, favole, quadri, albi illustrati, esperienze, proverbi e così via.

Spesso il punto di partenza che propone Mori è un libro. È il caso di Mia nonna era un pesce di Jonathan Tweet: “Pensando alle domande da proporre ai bambini – scrive Mori – ci ritroviamo quasi inevitabilmente in quello spazio aurorale abitato dai primi filosofi, in cui gli interrogativi che oggi definiremmo scientifici si mescolavano a quelli filosofici. Se il pesce può essere considerato nostra nonna, il pesce ha una nonna e, soprattutto, questa nonna era un pesce o era un altro animale?”. E ancora: “Tutti gli animali hanno senz’altro in comune qualcosa: sono vivi. Cos’è la vita? Solo gli animali sono vivi?”.

Mori per proporre la filosofia ai bambini dai tre ai cinque anni si avvale anche delle favole come Il leone e il topo o La tartaruga e la lepre di Esopo. Nel caso di quest’ultima, l’autore del libro suggerisce di partire da questa domanda: “La tartaruga è davvero più veloce? Questo è in effetti, il motivo per cui si discute e si pensa di fare una gara. Facendo leva sul fatto che la traduzione italiana citata utilizza il verbo “litigare”, si potrebbe chiedere se è un buon motivo per litigare quello di stabilire chi è più veloce. E, ancora generalizzando: esistono buoni motivi per litigare?”. Mori propone alle insegnanti anche un’esperienza ovvero quella di raccogliere racconti su quando bambine e bambini si sono impegnati nel fare qualcosa.

Infine un ultimo suggerimento: partire dalle parole dei filosofi. È il caso di quel “Nulla di troppo” attribuito a Solone: “La formulazione del legislatore di Atene, non sarà immediatamente comprensibile per i bambini della scuola dell’infanzia. Si possono raccogliere le loro ipotesi sul significato e, a un certo punto, introdurre un’ipotesi più comprensibile: Solone intendeva dire che c’è una linea del troppo in tutte le cose che non va mai superato”. Qualche esempio pratico dettato dai bambini: le troppe caramelle “perché poi fanno venire il mal di pancia”; il giocare troppo con i videogiochi. Da lì, Mori, suggerisce di passare ad un nuovo interrogativo: “Quando e come ci si accorge di essere vicini al troppo?”. Centocinquanta pagine di idee per fare in modo che la filosofia inviti a giocare.

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