La pandemia non ha risparmiato nemmeno il settore della produzione di armamenti, nonostante l’industria bellica italiana non si sia mai fermata anche nei periodi di restrizioni più rigide. Secondo le anticipazioni alla relazione annuale della Presidenza del Consiglio, trasmessa nelle scorse ore al Parlamento, diffuse dalla Rete Italiana Pace e Disarmo, le autorizzazioni rilasciate dall’Italia nel 2020, durante il secondo governo Conte, sono infatti calate del 25%, attestandosi poco sotto la soglia dei 4 miliardi di euro (3.927 milioni). E a dominare la classifica dei principali acquirenti di mezzi militari e sistemi d’arma nostrani è per il secondo anno consecutivo l’Egitto di Abdel Fattah al-Sisi, con 991,2 milioni di euro, in aumento di 120 milioni rispetto all’anno precedente grazie alla maxi-commessa per le due fregate Fremm ‘Spartaco Schergat’ ed ‘Emilio Bianchi’. Nonostante la mancata collaborazione nelle indagini sul sequestro, le torture e l’uccisione di Giulio Regeni e l’arresto arbitrario di Patrick Zaki, l’asse Roma-Il Cairo rimane più solido di prima quando si parla di armi, come rivelato anche da diverse inchieste de Ilfattoquotidiano.it.

Nell’analizzare il calo delle autorizzazioni all’export di armamenti, fanno però notare gli esperti, c’è da tenere conto del fatto che nel triennio 2015-2017, con i governi Renzi e Gentiloni, si è assistito a un boom di commesse che aveva fatto schizzare i valori annuali delle esportazioni a 8,2 miliardi nel 2015, 14,9 nel 2016 e 10,3 nel 2017. Già nel 2019 il totale era sceso a 5,17 miliardi: un calo fisiologico che sta continuando, visto che i grandi quantitativi di armi e mezzi militari ordinati negli anni passati sono in parte ancora in fase di distribuzione, facendo così inevitabilmente calare la domanda da parte dei Paesi più interessati ai prodotti Made in Italy.

L’aspetto che maggiormente preoccupa gli analisti, però, sono gli Stati di destinazione delle ultime autorizzazioni rilasciate. Come detto, il primo acquirente rimane l’Egitto che dal 2013, dopo il colpo di Stato di al-Sisi, ha conosciuto un netto peggioramento nel rispetto dei diritti umani nel Paese. E poi, al fianco di Stati Uniti (secondi con 456,4 milioni di euro), Regno Unito (352 milioni) e Germania si trovano altri Paesi finiti sotto la lente degli attivisti negli ultimi anni. Uno è senza dubbio il Qatar, quarto nella classifica dei principali acquirenti di armi italiane con 212 milioni di euro: 195 milioni in più rispetto al 2019, dopo le maxi-commesse del 2017 e 2018. All’ottavo posto, poi, troviamo un altro regime dell’Asia Centrale con il quale l’Italia aveva già avuto scambi commerciali in materia d’armamenti: il Turkmenistan. Ammontano infatti a 149,5 milioni di euro, anche se in calo rispetto al 2019, le autorizzazioni rilasciate per l’esportazione di armi verso Ashgabat, così come altri 144,4 milioni, nonostante la revoca all’export delle bombe prodotte dalla Rwm Italia, sono stati autorizzati per le vendite all’Arabia Saudita.

“Fra le prime dieci destinazioni delle autorizzazioni all’export di armi italiane nel 2020 troviamo cinque Paesi Nato (tre dei quali anche nella Ue), uno dell’Africa Settentrionale e quattro asiatici – si legge nel comunicato dell’associazione per il disarmo – Complessivamente il 56,1% (2.204 milioni) delle autorizzazioni per licenze all’export ha per destinatari Paesi fuori dalla Ue e dalla Nato, elemento da sempre sottolineato come problematico dalla nostra Rete perché la legge italiana sancisce che le esportazioni di armamenti italiani ‘devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia che ripudia la guerra come come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali'”.

Twitter: @GianniRosini

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