C’è qualcosa che non torna. C’è un soggetto, chiamato muone, che fa le bizze. Segue sua breve presentazione. Il muone è una particella elementare, carica elettrica negativa come l’elettrone ma 207 volte più pesante. Grazie alla sua carica e al fatto che è dotato di spin, ovvero che ruota su se stesso, si comporta come un dipolo magnetico, il cui orientamento, in condizioni normali, non cambia per tutta la sua breve vita: 2,15 più o meno 4 microsecondi (1 microsecondo è pari a un milionesimo di secondo).

Fa parte della famiglia dei leptoni, particelle subatomiche che rispondono alla forza di gravità, a quella elettromagnetica, a quella nucleare debole (agisce all’interno dei nucleoni, ovvero all’interno di protoni e neutroni ed è responsabile del decadimento radioattivo degli atomi), ma non a quella nucleare forte (“sentita” fra i nucleoni). In altre parole, rispondono a tre delle quattro forze fondamentali della natura che costituiscono il modello di riferimento della fisica, chiamato Modello Standard. Ne riparleremo. Finiamo la presentazione.

Eravamo rimasti ai leptoni. I leptoni sono particelle elementari, non sembrano essere costituiti da altre particelle e hanno carica neutra o negativa. Il leptone di carica negativa più piccolo, dalla massa più bassa, è l’elettrone. Ogni leptone carico ha associato un partner neutro, chiamato neutrino, di massa non significativa e che non possiede carica.

Tipicamente, al livello del mare, la densità dei muoni nel tempo, generati dall’interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera terrestre, è pari a 1 per centimetro quadrato al minuto. Si lascia alla cura del lettore/lettrice svolgere i calcoli per verificare il valore del flusso dei muoni per cranio per minuto (aiutino: calcolate l’area della sezione massima della vostra capoccia, considerandola un cerchio, dopo avere misurato la circonferenza massima della medesima e ricavato il raggio, quindi moltiplicate per la densità di flusso dei muoni per centimetro quadrato al minuto e otterrete il numero totale di muoni al minuto che viaggiano attraverso il vostro cranio… sono tanti).

Facile generare muoni in macchine acceleratrici di particelle quali il Large Hadron Collider al Cern di Ginevra o quella installata presso il Fermi National Accelerator Laboratory (Fermilab) a Batavia, vicino a Chicago, Usa. Si accelera un fascio di protoni, li si fa sbattere contro un metallo. Le collisioni (parliamo di migliaia di miliardi di particelle prodotte ogni secondo) creano dai protoni altre particelle: neutrini (che non interagiscono quasi per nulla con la materia) e pioni (il pione è la particella mediatrice dell’interazione forte fra nucleoni). Questi ultimi decadono molto velocemente in muoni. Il fascio di muoni viene quindi diretto verso il magnete dell’esperimento. Al suo interno, trovano un campo magnetico ben definito. Visto che possiedono un momento magnetico, la loro rotazione genera una “precessione” (movimento simile a quello che osserviamo nella rotazione terrestre, da cui la precessione degli equinozi). Oscillano.

Il Modello Standard, la teoria fisica considerata la migliore spiegazione disponibile di come si comportano gli oggetti e le particelle dell’intero universo governato dalle quattro forze fondamentali di cui sopra, prevede il valore di tale oscillazione. Peccato che le misure svolte mostrino uno scostamento dal valore previsto pari a un terzo di un milionesimo di punti percentuali. Poco, molto poco, ma sufficiente perché il professor Mark Lancaster, responsabile del Regno Unito per l’esperimento, rilasci alla Bbc News la dichiarazione: “Abbiamo scoperto che l’interazione dei muoni non è in accordo con il Modello Standard”. Può esserci un difetto nella teoria.

Lo Science and Technology Facilities Council (Stfc), sempre del Regno Unito, ha affermato che il risultato “fornisce una forte prova dell’esistenza di una particella subatomica o di una nuova forza sconosciuta”. Una quinta forza fondamentale potrebbe aiutare a spiegare alcuni dei grandi enigmi della fisica: cos’è l’energia oscura che accelera l’espansione dell’Universo; cosa sia la materia che non vediamo, quindi oscura, che compone il 95 percento dell’Universo; perché c’è uno squilibrio fra materia e antimateria.

Se dovesse essere confermata l’esistenza di una quinta forza, o nuove forze e particelle, compreso anche un secondo “Bosone di Higgs”, si dovrà cambiare o completare la comprensione della natura. Il Modello Standard deve essere corretto o rottamato. Serve una nuova fisica.

Il condizionale è d’obbligo. Per convenzione della comunità scientifica, per rivendicare una scoperta è necessario il livello 5 sigma, dove sigma rappresenta il livello statistico di fiducia. Siamo arrivati a 4,1 sigma, ovvero esiste una probabilità su 40.000 che il risultato possa essere solo un colpo di fortuna statistico, non l’evidenza di un fenomeno fisico. Un’attendibilità molto più elevata di quella raggiunta nel 2001, quando al Brookhaven National Laboratory, vicino a New York, si concluse il primo esperimento studiato per calcolare il cosiddetto “momento magnetico anomalo del muone”, condotto a partire dagli anni ’90. Anche allora si erano registrate misure dai valori inattesi, ma i dati erano pochi, il sigma era pari a 3,3, la probabilità che fosse pure casualità era pari a 1 su mille. Troppo elevata per dire alcunché. Oggi, con sigma pari a 4,1 cominciano a circolare, sottovoce, possibili spiegazioni.

Le ipotesi di lavoro per interpretare le anomalie rilevate sono sostanzialmente tre. Si ha a che fare con particelle molto massive, non ancora scoperte, o perché hanno massa oltre i limiti di energia della macchina e dunque delle collisioni prodotte, oppure perché hanno effetti molto piccoli e quindi non ancora osservati. Oppure si tratta di una particella con massa piccola che, come i neutrini, interagisce poco con la materia e potrebbe essere la particella della materia oscura: per esempio il dark photon, il fotone oscuro, cercato in altri esperimenti e del tutto latitante. Terza ipotesi è che esista almeno un secondo bosone di Higgs.

Si continuano a cercare, oltre a quello annunciato nel luglio 2012, altri bosoni di Higgs, che in alcuni modelli potrebbero spiegare la materia oscura. Girano voci e sospetti che al Cern siano stati osservati quando si cercava il primo bosone di Higgs, ma non in misura sufficiente da raggiungere il fatidico 5 sigma. Quindi rimasero nel vago e continuano a misurare, a raccogliere dati. Per trovare il Sacro Graal della teoria unica servono dati, molti dati.

Comunque nell’ambiente scientifico c’è eccitazione nell’aria, qualcuno sente profumo di Nobel, ma occorre prudenza per non perdere credibilità. Si sussurra e non si grida. Sono i giornalisti a strillare “al lupo al lupo”, trasformando i se e i ma in certezze. Ricordate i neutrini più veloci della luce? Alla fine si è scoperto che era un problema di contatto della spina che alimentava i macchinari. Oppure il momento magnetico non previsto dell’elettrone? Un errore nel calcolo teorico, due termini con segni (più o meno) sbagliati.

Ovviamente, c’è già chi ha pubblicato i calcoli rivisti della teoria che hanno eliminato quasi del tutto le differenze fra valori teorici e misurati per affermare che non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Il che ha dato nuovo impulso all’infinita diatriba fra fisici teorici, che sanno perché accadono le cose, ma non riescono a farle vedere, e i fisici sperimentali che fanno vedere come vanno le cose, ma non sanno il perché (gli ingegneri invece fanno e basta…).

In attesa dei prossimi sviluppi, l’unica cosa saggia, litigando il giusto ogni tanto, è rimboccarsi le maniche, svolgere la canonica dose di duro lavoro, gestire l’impazienza, alimentare la curiosità e soprattutto, divertirsi nel fare al meglio ciò che si sa fare. Sperimentalmente e teoricamente. Chi vivrà, vedrà. Come sempre d’altronde.

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