L’Australia annulla l’accordo con la Cina sulla cosiddetta ‘Nuova Via della Seta’ e cala così il gelo tra Canberra e Pechino, con quest’ultima che parla di “provocazione” nei propri confronti. Architetto dietro alla decisione del governo australiano è il ministro degli Esteri, Marise Payne, che ha deciso di usufruire dei propri poteri per ribaltare l’accordo del 2018 tra lo Stato di Victoria e la Repubblica Popolare, sostenendo che è “incompatibile con la politica estera australiana e contrario alle nostre relazioni estere”.

Un brutto colpo per il Partito Comunista Cinese che ha nella Belt and Road il suo più importante progetto economico e commerciale fuori dai confini della Cina. Così è passato al contrattacco, con il governo che ha accusato l’Australia definendo “una provocazione” la cancellazione dell’accordo: “La cooperazione per la BRI fra la Cina e lo Stato di Victoria – sottolinea in una nota l’ambasciata cinese in Australia – favorisce l’intensificazione delle relazioni economiche e commerciali fra le due parti. Questa è un’altra mossa irragionevole e provocatoria da parte dell’Australia contro la Cina”.

Non è il primo episodio di scontro in ambito commerciale tra i due Paesi. L’ultimo episodio di questa nuova guerra si era registrato alla fine del 2020, quando Canberra aveva annunciato il ricorso all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) contro i dazi doganali imposti da Pechino alle sue esportazioni di orzo. Dall’inizio del 2020, la Cina aveva imposto restrizioni e ostacoli alle importazioni di carne, latticini, vino e altri prodotti provenienti dall’Australia, anche a causa del peggioramento delle relazioni fra i due Paesi, con il governo di Canberra che ha accusato quello cinese di interferenze politiche, campagne di fake news e spionaggio.

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