Morto con onore in seguito alle ferite ricevute sul campo di battaglia, mentre nel nord del Paese guidava la risposta militare all’assalto dei ribelli del Fact, il Front pour l’Alternance et la Concorde au Tchad. È questa la versione ufficiale della morte, ieri mattina, di Idriss Déby Itno, presidente del Ciad da trent’anni, appena rieletto per un sesto mandato consecutivo alla guida del paese. Proprio il giorno prima erano giunti i risultati delle elezioni dell’11 aprile, che lo confermavano vincitore con il 79% delle preferenze.

E proprio in quelle ore Déby, che a giugno avrebbe compiuto 69 anni, si sarebbe trovato a nord del Ciad, con le sue truppe, intento a fronteggiare l’avanzata dei ribelli. La versione ufficiale, però, è stata da subito messa in dubbio in patria e all’estero da molti ciadiani e osservatori. Ed in effetti stride con i primi passi compiuti subito dopo la morte di Déby: il comunicato che ne annunciava il decesso è stato letto alla tv nazionale dal portavoce dell’esercito, il generale Azem Bermandoa Agouna, che, insieme a un lutto nazionale di 14 giorni, ha decretato anche il coprifuoco dalle 18 alle 5 del mattino e la chiusura a tempo indeterminato di tutte le frontiere aeree e terrestri.

La legge prevede che in caso di morte del presidente il potere passi provvisoriamente nelle mani del presidente dell’Assemblea Nazionale. Ma così non è stato, in questo caso: anzi, l’esercito ha anche annunciato proprio lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale e del governo oltre alla sospensione della Costituzione, mentre un Consiglio Militare di Transizione (Cmt) guidato dal figlio del defunto, Mahamat Idriss Déby, sostituisce il presidente morto da pochissime ore.

Nelle intenzioni proclamate dai militari, questo Cmt dovrebbe gestire il potere per un periodo di 18 mesi, portando poi il paese ad elezioni. Il nuovo uomo forte, Mahamat Idriss Déby, ha 36 anni, è un generale dell’esercito ciadiano e per diversi anni è stato a capo della Direzione generale del Servizio di sicurezza delle istituzioni statali (DGSSIE), di cui fa parte la guardia presidenziale.
Secondo la rivista Jeune Afrique, “è diventato soprattutto gli occhi e le orecchie di suo padre all’interno dell’esercito. Nominato nel 2013 secondo in comando delle forze armate ciadiane in Mali, negli ultimi anni ha gradualmente guadagnato statura, a contatto, in particolare, con gli alleati francesi del padre”. Prosegue JA, citando una fonte confidenziale: “Ha sempre preferito operare nell’ombra, interpretare gli emissari segreti del presidente. Non è qualcuno a cui piace farsi avanti”.

Se è presto per capire che piega prenderanno gli eventi e dove porterà questo Consiglio di transizione, è intanto certo che fra i più colpiti dalla repentina morte di Déby ci sia proprio la Francia. L’Eliseo ha diffuso ieri un comunicato nel quale dichiara che la Francia “perde un amico coraggioso” e auspica una “transizione pacifica” per il suo più prezioso alleato nel Sahel. Parigi “esprime il suo fermo attaccamento alla stabilità e integrità territoriale del Ciad” ed è evidente anche la preoccupazione per il venir meno di un appoggio chiave: il Ciad ha l’esercito più potente e strutturato della regione, fulcro del G5 Sahel, perno della lotta ai gruppi jihadisti, appoggio alle missioni francesi, tanto da stabilire il centro operativo dell’operazione Barkhane proprio nella capitale di Ciad, Ndjamena. Nel 2019 erano stati firmati sei accordi di cooperazione bilaterale tra Francia e Ciad, per la modernizzazione e l’addestramento delle forze di sicurezza ciadiane, in particolare nel campo dell’intelligence.

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