Robert Smith, il leader dei Cure compie proprio oggi 62 anni!

Nato a Blackpool nel Lancashire il 21 aprile 1959, all’età di quattordici anni fonda gli Obelisk. Ve la facccio breve: i Cure vedranno la luce nel 1978.

L’anno seguente esce il loro debutto discografico Three Imaginary Boys, ma sono i tre dischi successivi a lasciare un segno indelebile nel caleidoscopico periodo musicale che imperversava in quegli anni: Seventeen Seconds (1980), Faith (1981) e Pornography (1982). The Top”(1984), The Head on the Door”(1985) e Kiss Me Kiss Me Kiss Me (1987). Nel 1989 esce Disintegration. Altri due album negli anni ’90 Wish e Wild Mood Swing li traghettano nel nuovo millennio con Bloodflowers. Negli ultimi vent’anni usciranno solo due album, The Cure e 4:13 Dream.

In maniera volutamente telegrafica ho riassunto la discografia di una band che non ha bisogno di grandi presentazioni. Evito accuratamente di esaminare nello specifico i dischi; in ogni angolo del web è facile trovare specifiche alle quali fare riferimento: forza e coraggio! Tanto è noto a tutti, i primi album sono dei capolavori, gli ultimi “delle ciofeche”. Ecco, più in là faremo semmai un accenno a queste ultime, giusto per “dare colore” a tale scritto. Nell’attesa scopriamo il leader dei Cure, provando a svelare, nei consueti nove punti di questo blog, alcune curiosità legate alla sua imprescindibile figura.

1 • Robert detesta Londra. Nei suoi anni ruggenti ha vissuto nella City, tuttavia, dopo dieci anni, è scappato a gambe levate: “alla fine ero logorato, un relitto umano – e continua – Vivevo in un seminterrato, come in un film di Polanski, i muri che si sgretolavano, le urla al terzo piano, ero sempre teso. Dopo aver trascorso un anno lontano da Londra, ero completamente cambiato, perché avevo lasciato il passato alle spalle, avevo abbandonato le tentazioni. Conclude dicendo – Vivo in un posto sperduto, vicino Brighton. Brighton è diventata un posto alla moda, ma è ancora una cittadina gradevole”.

2 • Sovente, Robert, si è ritrovato a parlare di David Bowie; tra loro esisteva un rapporto di grande stima e come tutti (o quasi) i musicisti cresciuti negli anni 70 gli fu impossibile sfuggire all’influenza scaturita da quel personaggio: “Lo notai in Starman, era la fine del 1972, ne sono stato ossessionato ma poi uscì Heroes e iniziai a criticarlo; fu come mettere in discussione i propri genitori e così mi allontanai da lui, salvo poi recuperarlo negli anni successivi.

Smith ha suonato a New York per il suo cinquantesimo compleanno: “Mi aveva lasciato un messaggio sulla segreteria telefonica. Ma dato che non sono sull’elenco nessuno sa il mio numero così pensavo fosse uno scherzo di qualche amico. Lasciai un messaggio sulla sua segreteria: “Ti richiamerò, ma non ne sono sicuro”. Ma, dentro di me, ero euforico.

3 • La Fiction Records ha segnato la carriera dei Cure. Parliamo di un’etichetta discografica inglese, fondata nel 1978 da Chris Parry, precedente manager e talent scout della Polydor Records. Smith nel 1978, mandò delle demo tapes alla Polydor, per cui lavorava al tempo Parry. Egli fu così colpito dal suono di quel gruppo, al punto da decidere di dar vita alla Fiction Records, iscrivendo i Cure come prima band gestita.

Da allora l’etichetta è (quasi) sempre stato sinonimo di Cure, vista l’estensiva produzione del gruppo inglese e la sua fama mondiale, almeno fino al 2001, quando il contratto tra le due parti è terminato, non senza qualche frizione polemica.

4 • In una intervista rilasciata a Bryan Molko (sì, avete capito bene, proprio il cantante dei Placebo) Robert torna a parlare dello stile dei Cure, dell’iniziale oscurità, della decadenza, quanto della perversione/disperazione: “Ma poi ho scritto canzoni d’amore, più pop e con un certo senso dell’umorismo, dice ma si affretta a specificare – fino a Pornography ero precipitato in un circolo vizioso ma l’ ispirazione era infinita, avevamo circa 20 anni ed eravamo veramente fusi. Durante la tournée ci chiedevamo chi sarebbe morto per primo, abusavamo di tutto”.

5 • Ai fans piace pensarlo, triste e contrito, ma Smith in verità non è così. Rifugge storicamente le classificazioni, pare essere un simpaticone lontano anni luce dalla mesta figura del “darkettone” piovutagli addosso agli inizi degli anni 80: “Ad un certo punto la questione mi sfuggì di mano. Il problema è che con Pornography fummo classificati come gruppo dark, avevamo quell’immagine e la gente attorno a noi voleva vedermi come una persona molto cupa. I fans hanno un serio problema con questa cosa, non riescono ad accettare che anch’io possa essere a modo mio una persona solare. È stato un periodo orrendo della mia vita”.

6 • Ma la lingua batte dove il dente duole. Sarà pur vero che non riesca a ritrovarsi in quell’idea ma l’immagine non è un optional, nemmeno il rossetto sbavato e il trucco incipiente. “È strano – dice – noi non siamo mai stati un gruppo goth, nel senso che non esistono nostre foto con crocifissi o robe simili. Eravamo piuttosto un gruppo in impermeabile! Siouxsie and the Banshees erano goth nel vero senso della parola. Io non ho nemmeno un disco goth. Odio i Sisters of Mercy.
E i Darkettoni – a questo punto – muti! Anche se la storia non mente; i dischi migliori, le canzoni memorabili dei Cure, riconducono “ad un certo sentire”. Caro Robert, fattene una ragione e prendi seriamente in considerazione un coming out: sei un mesto darkettone! È ora di accettarlo.

7 • La vita privata del Nostro è avvolta nel riserbo quasi assoluto. Sappiamo che è sposato con la ragazza con cui era fidanzato fin dai tempi della scuola, Mary Poole, conosciuta all’età di 14 anni e sposata dopo un’attesa durata 14 anni. Il matrimonio si è svolto il 13 agosto 1988: ha invitato tutti i componenti del gruppo e Simon Gallup gli ha fatto da testimone. In verità Robert ammette senza timore quanto sia la musica il suo più grande amore; esistono artisti per cui è essenziale, come respirare o mangiare, non possono farne a meno. Tuttavia, alla moglie, rivolge parole al miele: “Per Mary non è sempre stato facile da accettare, mi rendo conto di stare con una persona fantastica solo perché lei è sempre stata incredibilmente tollerante verso questo fuoco dentro di me. Io vivo soltanto per la musica, tutto il resto non ha importanza”.

8 • Diciamolo senza timore, i Cure ad un certo punto hanno cominciato a sfornare dischi pietosi, senza arte né parte. Quel nulla proposto dopo Wish – e Qui recupero uno stralcio di quanto scritto in passato – genera ancora oggi disagio; quando nel 1996 uscì Wild Mood Swing si fece fatica a capire cosa stesse accadendo, al punto che i fans, sgomenti, pensarono a uno scherzo. Nel 2000, andò un pochino meglio (forse), Bloodflowers, avrebbe dovuto sancire il ritorno a certe sonorità; sebbene alcuni sostengano che al suo interno si celi qualche perla, l’imbarazzo nel trovarle è ancora oggi manifesto. La verità è ancora una volta incontestabile! Smith oltre a perdere lo smalto, ha perso pure il rossetto! Restano gli occhi bistrati ma nulla è più come un tempo. The Cure e 4:13 dream chiudono nel modo peggiore la discografia in essere (?): un coacervo di canzoni mal prodotte e senza nerbo. In pratica un disastro.

9 • Robert Smith dopo aver tentato di produrre dischi all’altezza del proprio passato, si è lanciato, come se non ci fosse un domani, in lunghissimi tour celebrativi; esibizioni live orientate all’interno di una produzione discografica che non lascia scampo. Sì, perché, all’ignominia della terza parte della produzione, si contrappone il dogma” della prima fase della carriera. I Cure hanno definito al meglio le coordinate di un periodo musicale ancora oggi in grado di regalare grandi suggestioni: Seventeen Seconds, Faith e Pornography, raccontano la magia intonsa di un trittico da consegnare ai posteri.

Avrebbero potuto fermarsi lì? La fase centrale della loro carriera li consacra come pseudo icone del Pop (ma Disintegration è un must!) ma sono i primi album a divenire un veicolo per raggiungere l’olimpo dei grandi; da quel pulpito Robert Smith fa e disfa, compie gli anni e se ne sbatte di quel che i comuni mortali scrivono o pensano di Lui. E fa bene.

Vi lascio con “una qualunque” playlist dei Cure che potrete ascoltare a questo link di spotify – connesso al mio canale – gratuitamente.

Buon ascolto!

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