Il 25 aprile si concluderà una delle più significative manifestazioni della società civile contro i respingimenti dei profughi della rotta balcanica: il digiuno a staffetta lanciato dalla Rete Dasi Fvg Diritti Accoglienza Solidarietà Internazionale. Non a caso è stata scelta questa data, quella della Festa della Liberazione, quando a livello nazionale saranno anche rilanciate le richieste contenute nell’appello “Tutte le vite valgono #rottabalcanica #norespingimenti”. Gli aderenti all’iniziativa, che è nata in Friuli Venezia Giulia ma si è estesa a tutta la penisola, ricorderanno dunque gli articoli della Costituzione italiana che garantiscono l’esercizio dei fondamentali diritti delle persone. Fra questi quello d’asilo “oggi negato a quanti e quante, provenienti dalle regioni più tormentate del pianeta, sono costretti in una condizione di marginalità, disumanità, dimenticanza nel cuore dell’Europa”, dicono i membri della Rete Dasi Fvg, promotori dell’iniziativa che ha preso il via all’inizio dell’anno.

Era infatti gennaio 2021 quando le foto dei campi profughi in Bosnia, con la neve a far da pavimento alle esistenze dei migranti che dall’est del mondo cercavano di guadagnarsi un po’ di occidente, erano riuscite a scuotere più coscienze del solito. Mai abbastanza, direbbero alcuni. Gli stessi che, proprio in quei giorni, hanno preso la decisione di “non tacere sulle responsabilità dell’Europa e dell’Italia di fronte alla situazione drammatica che sta avendo luogo a Bihac, in Bosnia, ed alla catena di respingimenti informali, commessi anche con l’uso documentato di violenze e torture, che coinvolgono Italia, Slovenia e Croazia”. Queste le parole diramate dalla Rete Dasi Fvg in occasione della presentazione del digiuno a staffetta, un’iniziativa politica non violenta che si svolge ormai dall’inizio dell’anno: ogni giorno, donne e uomini della società civile, della politica, del mondo dell’associazionismo, attuano pubblicamente un digiuno aderendo all’appello che chiede espressamente alla politica nazionale e internazionale di cessare le azioni illegittime e violente, come i respingimenti “informali”, di rispettare i diritti individuali e sostenere che soffre, anche promuovendo corridoi umanitari.

Di giorno in giorno, dal Friuli Venezia Giulia l’appello è stato accolto anche in altre regioni, coinvolgendo praticamente tutto il territorio italiano. Iniziato domenica 17 gennaio, il digiuno ha raccolto, alla data di mercoledì 31 marzo, circa 350 adesioni, molte delle quali provenienti dal Veneto, dalla Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Basilicata, Puglia e Sicilia. Ogni giorno, e fino alla fine di aprile, donne e uomini si alterneranno in questa modalità di protesta, propria della tradizione politica nonviolenta, che verrà costantemente documentata sul sito www.sconfini.net e sui vari profili social, con la pubblicazione delle foto e dei video postati dai partecipanti all’iniziativa.

“La fine dell’inverno non ha migliorato la situazione degli oltre 10.000 migranti, donne, uomini e minori, trattenuti forzatamente in Bosnia dall’inerzia politica dell’Europa”, riporta una nota della Rete Dasi Fvg. “Soprattutto in Croazia e in Slovenia continuano ad essere effettuati respingimenti informali alle frontiere, lungo le quali si registra un incremento di azioni repressive da parte delle forze di polizia. Nel contempo, il Ministero degli Interni italiano si è opposto alla sentenza emanata dal Tribunale di Roma il 18 dicembre scorso, con la quale si dichiaravano “illegittimi” i respingimenti attuati al confine italo-sloveno, perché in contrasto con la Costituzione della Repubblica e la legislazione europea”.

Le ultime adesioni riguardano alcune comunità del territorio regionale del Friuli Venezia Giulia ma non solo: operatori, operatrici e gli ospiti delle strutture di accoglienza dell’associazione Oikos Onlus di Fagagna, in provincia di Udine, le persone del Centro “Ernesto Balducci” di Zugliano, gli appartenenti al Centro Misericordia e Solidarietà di Udine e alla comunità musulmana di Gorizia. Ma tante sono state le adesioni degli attivisti e delle attiviste dei movimenti della società civile: fra le ultime registrate quella di Lisa Clark, co-presidente dell’International Peace Bureau e rappresentante italiana dell’ICAN, la Campagna Internazionale per la messa al bando delle armi nucleari.

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