La ritrovata semilibertà dal confino inebria i britannici, tra contagi che diminuiscono e le vaccinazioni che toccano record ascendenti. Ma l’ombra delle trombosi come “probabili effetti collaterali dei vaccini Oxford/AstraZeneca e di quello americano Johnson&Johnson, sconvolge il futuro del programma vaccinale britannico e mondiale. La posta in gioco è alta per il risolversi della pandemia, per la salute nostra e dell’economia dei nostri paesi, e per l’equilibrio geopolitico nell’accaparramento delle dosi di sieri anti-Covid.

Mentre gli Stati Uniti sospendono Johnson&Johnson e la Danimarca accantona AstraZeneca, la Gran Bretagna dopo i 79 casi e 19 morti per trombosi, ha sospeso i test clinici sulla somministrazione di AstraZeneca ai bambini e ha consigliato l’uso di un vaccino alternativo per i giovani sotto i 30 anni, in attesa che nuovi studi confermino il meccanismo scatenante dei rari eventi trombotici.

“Entrambi questi vaccini usano un comune virus disattivato del raffreddore, chiamato adenovirus, per introdurre i geni della proteina spike dal coronavirus all’interno del vaccino e nel nostro braccio – ha spiegato alla Bbc il professor Adam Finn, direttore del Bristol Children’s Vaccine Centre -. I due sieri funzionano pressappoco allo stesso modo dunque sembra probabile che sia qualcosa in questo tipo particolare di vaccini ad essere la causa degli effetti collaterali molto rari che sono stati riscontrati”.

All’università di Oxford il Professor Andrew Pollock e la Professoressa Sarah Gilbert, a capo del team che ha sviluppato il vaccino prodotto da AstraZeneca, sono troppo impegnati in laboratorio per rispondere ai media. Qui i ricercatori stanno analizzando l’impatto delle varianti continuando a lavorare insieme ai partner di AstraZeneca per mettere a punto i processi necessari a riadattare il vaccino anti Covid-19 all’occorrenza.

Mentre un nuovo studio rivela che il nostro rischio di essere vittime di ictus cerebrali è otto volte maggiore con il Coronavirus rispetto all’iniezione di AstraZeneca, dall’università di Oxford ribadiscono che i benefici della vaccinazione continuano ad essere maggiori dei rischi per tutti i gruppi di età. Il principio è sostenuto da Organizzazione Mondiale della Sanità, Agenzia Europea per i Medicinali (Ema) e dall’ente regolatore dei farmaci britannico Mhra (Medicines and Healthcare products Regulatory Agency) che ha richiesto ora che le informazioni sul prodotto vengano aggiornate per mitigare ulteriori rischi. “I vari paesi hanno adottato approcci diversi basandosi su informazioni specifiche relative alla loro particolare popolazione, le loro analisi rischi/benefici e sul proprio approvvigionamento di vaccini – ci dicono da Oxford -. I vaccini hanno dimostrato di ridurre l’impatto del Coronavirus e di salvare vite”.

Il mondo a caccia di risposte sui trombi – L’Ema ha richiesto ad AstraZeneca di condurre una serie di indagini di laboratorio per determinare i meccanismi che possono correlare il vaccino ai trombi, e di esaminare i dati dei test clinici per fare luce su altri possibili fattori di rischio. Coinvolti negli studi sono anche due consorzi di ricerca in Olanda, quello dell’Erasmus University Medical Center a Rotterdam e lo University Medical Center e Università di Utrecht. I risultati sono attesi tra circa due mesi. Tra le spiegazioni plausibili per gli eventi trombotici insoliti, i ricercatori stanno investigando i meccanismi dell’Hit (trombocitopenia indotta da eparina) una sindrome protrombotica che comporta anche la riduzione delle piastrine e si manifesta come reazione immunitaria in soggetti trattati con questo farmaco anticoagulante. In un articolo apparso su Nature il professor John Kelton, ematologo della McMaster University in Canada, spiega che Hit si forma quando molecole di eparina caricate negativamente si legano ad una particolare proteina di carica positiva chiamata fattore piastrinico 4 che svolge un ruolo importante nella formazione dei coaguli. Questo processo attiva le piastrine, portando alla loro aggregazione e alla diminuzione del loro numero, e scatenando una reazione a catena che si propaga come un incendio in una foresta all’accensione di un fiammifero. Kelton rivela di essersi già trovato di fronte a casi di pazienti in cui Hit si è sviluppato in modo spontaneo, in assenza di eparina, con reazioni esattamente uguali a quelle riportate dopo il vaccino AstraZeneca.

Quale sarà il futuro delle vaccinazioni anti-Covid? – Aprile è il mese dei richiami in Gran Bretagna dopo una campagna vaccinale che ha superato i 32 milioni di prime dosi e gli 8 milioni di richiami. Quali sono però i rischi legati alla seconda iniezione di AstraZeneca, e quale sarà la sorte del vaccino, di cui il governo Johnson ha stoccato 100 milioni di dosi come l’asso nella manica (economico e di facile logistica) nella lotta al Covid?

Secondo la Mhra le persone che sviluppano specifici tipi di trombi con bassi livelli di piastrine dopo la prima dose del vaccino di AstraZeneca non devono fare il richiamo ma consultare il proprio medico per determinare la compatibilità con un altro siero anti Covid-19.

Ad oggi “non ci sono segnalazioni di questi eventi estremamente rari, come trombosi o trombocitopenia (carenza di piastrine) scatenati dalla somministrazione della seconda dose del vaccino AstraZeneca”, fa sapere la Commissione congiunta per le vaccinazioni e immunizzazioni (Jcvi). Le disposizione della Jcvi sono che chiunque abbia ricevuto la prima dose di questo vaccino debba continuare ad avere la seconda dose di AstraZeneca indipendentemente dalla sua età.

Di fatto però la Gran Bretagna ha ora rinforzato il Com-Cov, lo studio avviato a febbraio per analizzare gli effetti di una possibile combinazione di due tipi di vaccini diversi per la prima dose ed il richiamo, ed in particolare dall’alternanza di Oxford/AstraZeneca e Pfizer BioNTech. Il progetto dell’Università di Oxford è ora stato esteso per studiare anche l’interazione tra iniezioni di Moderna e Novavax (gli altri vaccini di cui il paese ha fatto scorta) con l’intento dichiarato di capire se il mix di vaccini possa favorire periodi più lunghi di immunità al virus e alle sue varianti e permettere maggiore flessibilità nella somministrazione.

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