Mia moglie e io abbiamo visto le prime tre puntate dello sceneggiato sulla vita di Leonardo. Lei, docente di Lettere, con dottorato in Filologia, poi divenuta preside di scuola si è disgustata per gli evidenti e grossolani svarioni storici e biografici. In pratica gli autori si sono inventati delle frottole per rendere meno noioso il tutto, come ha candidamente affermato l’attrice che interpreta il personaggio (inventato) della donna che avrebbe amato Leonardo. Su questo terreno, analizzato da molti commentatori (tra cui cito, per rilevanza, Plinio Innocenzi “Errori e forzature nella serie tv ‘Leonardo’, ma una fiction sul ‘vero’ da Vinci sarebbe stata una noia: era uno sgobbone, non un avventuriero“) non mi addentro, anche se ritengo che in fatto di gusti esista una notevole varietà. Alla giovane attrice una storia senza un delitto e priva di un amore struggente parrà scialba, mentre a mia moglie sembra sgradevole la mancanza di verità storica.

Quello che a me ha fatto letteralmente cadere le braccia è il modo in cui il genio Leonardo viene tratteggiato dal regista e interpretato dall’attore. Sembra un sempliciotto che, guarda caso, aveva una buona mano e sapeva dipingere bene. Il personaggio descritto non capisce gran che delle persone che lo circondano, si fa costantemente fregare da loro e pare in balia degli eventi.

Insomma, un ragazzotto senza capo né coda. Si vuole far finta che non fosse un genio e che la sua arte fosse un dono grazioso, ricevuto dal destino. Al contrario si trattava di una persona talentuosa che faticava sui libri, studiava, ricercava, arso dalla sete della conoscenza e si impegnava enormemente per migliorare. Addirittura per alcuni questo suo bisogno di sperimentare, di perfezionarsi e la costante insoddisfazione per ciò che aveva creato si è rivelato un limite che ha ridotto la sua produzione artistica.

Mentre gli svarioni storici possono avere una ragione cinematografica nella necessità di dare mordente e verve alla storia per attirare il pubblico occorre chiedersi: perché tratteggiare un genio come un emerito cretino? A mio avviso esiste una ragione psicologica forse consapevole ma, presumibilmente, nascosta e inconscia agli stessi autori (regista, sceneggiatore eccetera). Si tratta dell’idea che le virtù o le doti arrivino agli esseri umani per dono o grazia ricevuta e non a seguito di impegno, sforzo e dedizione. Questo messaggio è tipico di tutte le saghe dei supereroi.

In queste storie, solitamente, un personaggio, senza grandi sforzi, acquisisce una capacità strabiliante che lo rende straordinario. A ben leggere tra le righe emerge una visione consolatoria per il lettore o spettatore, solitamente giovane, in quanto implicitamente gli si dice: tu non sei “granché”, ma un giorno potrebbe succedere che qualche evento ti trasformi in un personaggio super. Questo è un messaggio devastante per le nuove generazioni perché le spinge a rimanere fruitrici passive di tutti i fumetti e del cinema con allegata pubblicità. Il messaggio subliminare è: chi te lo fa fare di impegnarti, se tutte le doti o le opportunità arrivano per grazia ricevuta?

Dietro a questo messaggio distruttivo per i giovani c’è la spinta potente del consumismo che li vuole inchiodati sul divano a guardare la pubblicità e a cliccare per acquistare i prodotti reclamizzati. Anche i modelli seguiti oggi, i cosiddetti “ influencer” spesso non possiedono alcun talento, se non quello di spingere i loro followers a comprare oggetti griffati sempre più costosi, ostentando uno stile di vita palesemente falso, suggerito anch’esso da esperti pubblicitari. Ritengo che la biografia autentica di Leonardo, al contrario, testimoni un grandissimo impegno; sarebbe stato onesto, dunque, lanciare il messaggio della necessità della fatica di cui il celeberrimo genio ha dato grande prova. Leonardo, infatti, ottenne strabilianti risultati con sudore, sforzo continuo, studio e accanimento.

La verità e l’esempio della sua biografia dovrebbero spronare tutti, ma soprattutto i giovani, a togliersi dalla posizione passiva davanti a un video, per trovare in se stessi una o più doti da coltivare, lottando per raggiungere i loro sogni ed obiettivi attraverso il merito (anche se non appartengono alla categoria dei raccomandati o non sono “ figli di”…) Questo messaggio si rivelerebbe ancor più utile in una società che oggi pare cristallizzata: lo studio pare ai più aver perso valore e la scuola non sembra più in grado di favorire l’ascesa sociale per le classi meno fortunate. Certo, non tutti arriveranno ad eguagliare il grande genio ma, impegnandosi strenuamente, potranno scoprire il piacere di migliorare se stessi e, di converso, la società.

Concludo, riferendomi allo sceneggiato su Leonardo e chiedendomi se c’era davvero bisogno di stravolgere la biografia di questo mito. Possiamo veramente pensare che lo spettatore medio non sia assolutamente in grado di sforzarsi un po’, per seguire la vita complessa e tormentata di questo personaggio poliedrico? Perché ritenere che l’audience si raggiunga solo facendo fare poca fatica mentale allo spettatore? Perché pensare che il pubblico televisivo sia composto da deficienti che hanno bisogno di alcuni ingredienti standard (come il delitto o l’amore contrastato di una ragazza) per rimanere attaccati alla tv? Perché, infine, tratteggiare un genio che il mondo ci invidia come uno scimunito?

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