Un anniversario importante, quello di oggi: il 1° aprile di vent’anni fa si celebravano i primi matrimoni tra persone dello stesso sesso. Accadeva in Olanda, ad Amsterdam, quando il sindaco Job Cohen sposò quattro coppie omosessuali. Dal 2001 molta strada è stata fatta. E tantissima ne rimane ancora. A partire dall’Italia, dove la legislazione in vigore è ancora largamente insufficiente e il dibattito è degradante.

Come ricorda Elena Tebano ne La 27esima ora, oggi le coppie omosessuali accedono al matrimonio in 29 stati. “Tra questi” ricorda la giornalista “non c’è l’Italia, dove vige una sorta di apartheid matrimoniale” che riserva a gay e lesbiche solo “le unioni civili, un istituto con meno diritti del matrimonio”. Tale istituto giuridico, spesso ottenuto come soluzione intermedia prima di arrivare alla piena uguaglianza, lo ritroviamo solo in una dozzina di stati tra cui appunto il nostro.

Tra i paesi che hanno ancora le unioni civili ricordiamo la Svizzera dove è previsto un referendum per l’estensione del matrimonio. E la Grecia, che prevede però anche le adozioni. In Italia siamo ancora a una formula ampiamente superata nei paesi più avanzati sul piano dei diritti civili. E, come detto prima, se l’unione civile è stata storicamente un passaggio intermedio prima di arrivare al matrimonio, ciò non è un automatismo: in Spagna, Sud Africa e Stati Uniti le coppie gay e lesbiche hanno ottenuto il pieno riconoscimento senza passare dal “via” di un contentino giuridico.

Certo, altrove si sta peggio. Ricorda ancora Tebano che in una settantina di nazioni “l’omosessualità è perseguita” e in altri “tra cui Iran, Arabia Saudita, Yemen e Sudan” c’è “la pena di morte”. A questi si aggiungano: la Russia, il paese che piace tanto a Matteo Salvini, dove è proibito fare “propaganda omosessuale”. Se fai coming out, insomma, passi i guai. In Ungheria, il cui leader è alleato di Giorgia Meloni, è vietata l’adozione per le coppie Lgbt+. Peccato che poi chi ha voluto questa norma in costituzione sia stato beccato in un’orgia con altri uomini. Ma questa è la destra, estrema e non: ipocrita, bigotta e omofoba.

Tornando alla questione del matrimonio, come si diceva prima, ancora lungo è il percorso da noi. In primo luogo, abbiamo un problema di definizione: il matrimonio egualitario non va chiamato infatti “matrimonio gay”. Questa formula sta all’uguaglianza come “quote rosa” sta alla parità di genere. Non esiste una normalità eterosessuale a cui contrapporre un’eccezione arcobaleno. Esiste un diritto: il matrimonio. Che va esteso a tutte le persone che decidono di sposarsi. Fino a quel momento si dovrebbe parlare di “matrimonio etero” come privilegio di una parte della società. E ciò rappresenta un vulnus della nostra democrazia.

Secondo: il matrimonio egualitario, qui in Italia, deve prevedere un necessario capitolo sulla genitorialità. Aprendo alle adozioni. E quindi riconoscere i diritti di bambini e bambine, fondamentale per il benessere della prole. Ovvero: riconoscere entrambi i genitori. Ciò si applica di conseguenza anche a chi accede alla procreazione medicalmente assistita (le coppie lesbiche) e alla gestazione per altri (le coppie gay). Sarebbe pure auspicabile superare i divieti nel nostro paese e rendere tali pratiche completamente gratuite, anche per evitare situazioni di sfruttamento delle donne come in certi paesi dell’est (no panic, lì le coppie omosessuali non possono nemmeno adottare).

In attesa che la nostra società faccia pace con l’idea dell’autodeterminazione dei corpi – che passa anche dalla Gpa, laddove è volontaria – è dunque fondamentale riconoscere entrambi i genitori di bimbi e bimbe arcobaleno. Per il bene dei minori, come ricordano moltissime sentenze che vanno in tale direzione. Con buona pace di sedicenti realtà “pro-vita”, destre sovraniste, fascisti di ogni ordine e grado e certo femminismo che si ricorda dei diritti delle donne solo quando si tratta di attaccare le famiglie arcobaleno.

Last but not least, serve una legislazione che tuteli tutte le persone contro i crimini d’odio relativi all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Giace in parlamento la legge Zan, a causa dell’ostruzionismo della Lega. Giusto per capire chi sono gli attori del regresso culturale e democratico del paese. La “lunga marcia” verso il matrimonio, dunque, deve toccare tutti questi passaggi.

Certo, sono temi divisivi e me ne rendo conto: suddividono la società tra chi vuole abbattere discriminazioni e violenze e chi, invece, vuole mantenere ingiustizie e segregazione giuridica. L’Olanda ci è arrivata vent’anni fa. Speriamo che l’Italia si svegli dal suo torpore democratico e civile al più presto.

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