“Mi spiace dirlo, ma mafie e corruzione vengono spesso da una politica fiacca e a volte anche un po’ complice; da una coscienza civica fatta di parole; da un’antimafia discontinua o al massimo stagionale”. A pronunciare queste parole dall’Auditorium Parco della Musica di Roma è don Luigi Ciotti, il presidente di “Libera”, l’associazione che per il 26esimo anno ha promosso la Giornata della memoria e dell’impegno in memoria delle vittime innocenti di mafia.

La lunga lettura dei nomi e dei cognomi di coloro che sono stati ammazzati dalla criminalità organizzata è appena terminata quando il prete torinese prende la parola.
Prima ricorda alcuni amici di “Libera” che non ci sono più: Saveria Antiochia, Roberto Morrione, Rita Borsellino, Nino Caponnetto, Augusta Schiera. Fa un passaggio sulla sentenza che ha condannato all’ergastolo il boss Nino Madonia a quasi 32 anni dal duplice omicidio di Nino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio. Una premessa doverosa prima di arrivare al nocciolo del suo intervento.

Don Luigi chiede un pensiero nuovo per combattere la mafia e la corruzione: “Aveva ragione Giovanni Falcone quando diceva “Le istituzioni sono sacre. Non vanno mai confuse con le persone”. E, dice don Ciotti, “chi le rappresenta deve dimostrarsi eticamente all’altezza del ruolo. Non bastano le riforme se la politica non riforma se stessa”. Il presidente di “Libera” passa alla concretezza chiedendo uno sforzo in più per migliorare la Legge sui beni confiscati alla mafia: “Si è fatta tanta strada ma tanta dev’essere fatta ancora. Ci sono ancora zone d’ombra, ci vuole uno scatto in più. Sono passati 25 anni. Bisogna veramente che avvenga l’effettiva estensione della confisca ai corrotti; serve che la destinazione di una quota del fondo unico sulla giustizia sia messa a destinazione affinché i beni siano consegnati operativi. Dev’essere migliorata la Legge sia nel dispositivo che nell’attuazione: bisogna evitare lungaggini burocratiche ma servono anche più competenze.”.

Il prete che ha iniziato la sua missione sulla strada, stando accanto ai tossicodipendenti, non dimentica la questione droga: “Chi ne parla più? è stato steso un colpevole velo di silenzio. Manca il coraggio di ammettere il fallimento alla guerra alla droga. C’è in atto una normalizzazione”. Il pensiero di don Ciotti non si limita alla questione mafia. Va oltre. La sua voce si alza quando parla dei diritti dei migranti. Per tre volte urla. “Vergogna”. E poi aggiunge: “C’è una grande emorragia di umanità quando sentiamo respingere lo ius soli”.

Un atto d’accusa alla politica che torna quando cita i conflitti: “La notte continuerà se non termina questa inerzia omicida. Troppi hanno taciuto e continuano a tacere di fronte alle guerre, al traffico di armi. Il silenzio con la complicità e l’alleanza del potere politico ha sfruttato vaste regioni del pianeta costringendo milioni di persone a essere condannate a vita. Il loro migrare è una deportazione indotta: è un nuovo Olocausto”. Prima di finire non manca di dire la sua sulla scuola: “Sulla dad più che didattica a distanza potrebbe essere coniata come “dispersi a distanza”. Lo abbiamo visto nei fatti: salviamo una generazione. Serve una rete maggiore di prossimità”. Infine un appello su tre questioni fondamentali per costruire la memoria: “Vogliamo che sia riconosciuto lo status di vittima di mafia anche a chi è morto per mano mafiosa prima del 1961. Serve equiparare le vittime del dovere e delle mafie a quelle del terrorismo. In materia di prescrizioni e decadenze non si attuino interpretazioni ingiustamente restrittive”.

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