Continuano le proteste in Birmania, che manifesta dopo il golpe del 1° febbraio l’arresto della leader Aung San Suu Kyi. Le manifestazioni sono sempre più affogate nel sangue: soltanto ieri almeno 59 persone sono state uccise e 129 ferite nella sola Rangoon, nella repressione da parte delle forze di sicurezza. Lo ha riferito Myanmar Now su Twitter, sottolineando che i numeri reali secondo medici e soccorritori sono molto più alti. Altre fonti parlano infatti di decine di morti altrove. Assistance Association for Political Prisoners, organizzazione indipendente che monitora le violenze, ha riferito che è stato il più brutale di repressione dal colpo di stato del 1 febbraio. Intanto una nuova udienza del processo alla premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi è stata rinviata a causa del blocco della connessione internet. Suu Kyi avrebbe infatti dovuto partecipare all’udienza tramite connessione da remoto. La notizia del rinvio è stata data dal suo legale, Khin Maung Zaw. La leader del facto del Paese e il presidente Win Myint, anche lui detenuto dai militari, sono stati incriminati per vari reati, che i loro sostenitori ritengono politicamente motivati.

Legge marziale – La giunta militare ha dichiarato la legge marziale in sei municipalità di Rangoon. Prevale sulle altre in vigore, consentendo così all’esercito di esercitare totale autorità sulle zone coinvolte, incluse le funzioni amministrative, giudiziarie e di sicurezza. Di fatto, la legge marziale legittima le azioni che l’esercito ha compiuto per reprimere le proteste. I militari avevano già dichiarato lo stato di emergenza nazionale e si erano dati ampi poteri, attuando restrizioni relativamente più lievi in decine di municipalità in tutto il Paese. Le misure precedenti utilizzavano la sezione 144 del codice penale, il divieto principale era di raduni di più di cinque persone, con coprifuoco dalle 20 alle 4 del mattino. L’ordine ufficiale diffuso dalla giunta dichiara che la legge marziale è stata imposta “per adottare misure più efficaci per la sicurezza, lo stato di diritto e la pace e la tranquillità della comunità”. I trasgressori della legge marziale ora potranno essere processati dai tribunali militari ed essere soggetti a pene come la morte o l’ergastolo, secondo il notiziario locale Eleven Media. La punizione minima, invece, sarà di tre anni di carcere con lavori forzati e una multa.

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